Fallimento e riscatto dell’inventore di Bid.it che adesso promuove startup in Cile
«Il buonsenso è una delle cose più rivoluzionarie che ci sia», dice Antonio Manno, cinquant’anni e la faccia di chi non si arrende mai. Nel corso degli ultimi venti anni Antonio è stato un giovane e brillante manager, una stella della new economy all’italiana, un disperato venditore di mozzarelle online senza una lira, un condannato per bancarotta e infine, completamente assolto, un imprenditore «di frontiera» in Cile che cerca la rivalsa per un torto subito.
Il buonsenso di Antonio gli dice che anche quando sembri non avere nessuna speranza puoi sempre inventarti qualcosa. E che lo stesso rivoluzionario buonsenso lo può avere anche qualcun’altro. Nel caso di Antonio, un giudice.
Per raccontare la sua storia occorre però fare un salto indietro nel tempo fino al 1999. Era l’anno della febbre della new economy. Internet era un luogo di meraviglie tutto da inventare, fatto di idee e soldi facili per tutti. In quell’anno Google era appena nata e Facebook non esisteva ancora, ma l’italiana Tiscali era arrivata a valere in Borsa più della Fiat.
A Barletta, nel profondo Sud, una piccola società dava lavoro a quaranta giovani, perlopiù ingegneri. Si chiamava Bid.it e non era solo «la risposta italiana a eBay», ma qualcosa in più. I giovani ingegneri sviluppavano sistemi, inventavano nuove soluzioni, partorivano idee. La cosa bella di quell’anno di quell’anno di illusioni (per tanti) e soldi facili (per pochi) era anche questa: un capannone a Barletta, nel profondo Sud, vale quanto un garage in California. Basta avere l’idea giusta. E Antonio Manno, che Bid.it l’aveva fondata quattro anni prima lasciando un ottimo posto in un grande gruppo industriale, di idee ne aveva tante. Bid.it stava per fare il grande salto, dalla Puglia alla Borsa. Nel capitale entrarono due banche: la Popolare di Bari e Banca 121 che poi sarà assorbita da Monte dei Paschi di Siena. I progetti sono fantasmagorici masi scontrano presto con la realtà. A marzo 2000 scoppia la bolla della new economy, l’indice Nasdaq dei titoli tecnologici tocca il picco che non ha mai più rivisto. La Borsa per Bid.it può aspettare. I soci bancari ci ripensano e i soldi iniziano a scarseggiare.
Nel 2002, dopo una serie di vicessitudini e dopo aver investito tutti i propri soldi, Antonio porta in tribunale i libri di Bid.it. Da milionario «virtuale» era diventato in qualche mese un fallito sanza una lira. «Andai a Londra, ospite di due miei ex dipendenti, a lavorare per un sito di ecommerce che vendeva mozzarelle». Nel frattempo scopre che Banca 121, mentre dichiarava di non voler più investire nei progetti di Bid.it, aveva messo 4 milioni di euro in società fotocopia, che sfruttando il know-how di Bid.it per fare la stessa cosa. Ma non basta. Perché intanto la giustizia fa il suo corso e dal fallimento parte un’inchiesta e dall’inchiesta un processo che, nel 2004, condanna Antonio a quattro anni di carcere. Lui intanto da Londra si sposta a Tallin, mette in piedi «Felicitalia», vende il Made in Italy ai nuovi ricchi estoni.
Le cose non vanno troppo bene: «L’ansia di rimettermi in piedi mi ha fatto commettere degli errori», dice oggi. «A 45 anni tornai a vivere a casa dei miei genitori. Non è stato un bel momento». Ma siccome Antonio non è il tipo che si arrende, nel 2010 parte per il Cile. E scopre un Paese «che per il basso livello di tassazione, le infrastrutture, il quadro normativo è l’ideale per fare qualcosa». All’inizio del 2012 si trasferisce definitivamente a Vina del Mar e con un socio americano mette in piedi Exosphere. «Una comunità per sviluppare le proprie idee», la chiama lui. Approfittando della legislazione cilena per la promozione delle start-up, Exosphere forma imprenditori. «Organizziamo dei laboratori di due mesi, arrivano persone da tutto il mondo ed escono con un’idea», racconta. Le idee migliori vengono partecipate da Exosphere.
A questo punto la storia di Antonio s’incrocia con quella del giudice del suo processo di appello. Che fa una cosa di «rivoluzionario buonsenso», dice Antonio. Si legge tutte le carte del primo grado. E conclude che Antonio va assolto. Non solo. Dice anche che le banche avevano preso degli impegni che non hanno mantenuto. E che non vale dire che le condizioni erano cambiate, se nel frattempo avevano investito altri soldi in una società che faceva le stesse cose di Bid.it. Manda anche le carte alle procure di Siena e Trani, per valutare eventuali profili penali. Ma ormai è passato troppo tempo, i reati penali sono prescritti e in sede civile le speranze sono poche. Siccome però Antonio non è tipo che si arrende, si fa venire un’idea. Nel novembre scorso, la sentenza di assoluzione è diventata definitiva. E Antonio fa l’unica cosa che può fare: racconta la storia nel suo blog, crea una pagina su Facebook e la chiama «Chiedi a Mps». Chiedi a Mps perché Bid.it è fallita, perché la «silicon valley pugliese» è rimasta vuota di idee e di giovani ingegneri. Spera di ottenere un risarcimento extragiudiziale. E promette che ogni euro che otterrà lo investirà per fare una succursale della sua Exosphere a Barletta. Per formare imprenditori di buonsenso.
Fonte: www.lastampa.it