Per la rubrica Imprese & Politica, la nostra intervista esclusiva al Senatore di Azione, Matteo Richetti.
Senatore Richetti, le politiche fiscali ed economiche dell’attuale esecutivo hanno dato risposte adeguate alle imprese per far fronte alla crisi economica legata all’emergenza coronavirus? Cosa si dovrebbe implementare?
Il Governo fino a ora ha completamente sbagliato l’approccio al sostegno all’economia italiana. Le procedure di garanzie del credito sono lunghe e farraginose, troppe imprese sono ancora senza risposte, i bandi per le aziende si sono rivelati una presa in giro: 3150 domande finanziate a fronte di 194mila richieste, con il sistema del click day che è peggio della lotteria. Per non parlare della gestione della cassa integrazione e dei bonus agli autonomi. Altro che navigator e assistenti civici, gli unici a cui serve un tutor sono i ministri di questo Governo.
Ci dica, quali sono le vostre proposte in tema di sostegno alle imprese e per continuare, anche in questa fase, a far sopravvivere le imprese nonostante la crisi?
I debiti della Pubblica amministrazione andavano pagati tutti, non meno della metà. Sarebbero 27 miliardi nelle casse delle imprese italiane. Si dovevano restituire IRAP 2019 e acconti 2020. Bisogna bloccare gli ammortamenti sui bilanci di quest’anno per non impoverire le aziende. I 55 miliardi del dl Rilancio andavano utilizzati in modalità diretta sulle imprese, altro che Alitalia.
Secondo lei quali sono gli interventi di sviluppo necessari per il rilancio dell’economia italiana nel post-emergenza?
Credo sia necessario recuperare l’approccio che Carlo Calenda ebbe da ministro con il Piano Industria 4.0. Sostegno agli investimenti, formazione e innovazione tecnologica, con meccanismi di beneficio immediato. Con la fattura di acquisto di un macchinario innovativo si aveva accesso immediato a super e iper ammortamenti.
Oggi per avere 50 mila euro servono 40 giorni e sono coinvolti Stato, Sace, Banche e Imprese. Il delirio della burocrazia.
E bisogna riscoprire la centralità della manifattura e della formazione tecnica, anche nel Mezzogiorno. Abbiamo il Governo più assistenzialista degli ultimi 30 anni quando invece servirebbero interventi, tutti mirati, su lavoro e sviluppo. Avremo a disposizione nei prossimi mesi centinaia di miliardi dal Recovery fund. Pensare che li spenderanno in sussidi e bonus come hanno fatto con gli 80 tra Cura Italia e Rilancio fa tremare i polsi.
Per quanto riguarda l’approccio che il Governo italiano deve sviluppare in Europa e nei rapporti internazionali per dare sostegno all’economia nazionale e alla crescita del commercio, cosa ne pensa?
L’Europa si sta rivelando la soluzione, non il problema. Le istituzioni monetaria hanno consentito fin qui di tenere basso spread e tassi di interesse. Adesso le istituzioni comunitarie stanno predisponendo pacchetti di misure importanti, il MES è a condizioni assolutamente favorevoli. Questo grazie al fatto che l’asse Franco-Tedesco è a trazione europeista. L’Italia è una presenza tra l’irrilevante e l’imbarazzante, con un Governo che ha tra i suoi ministri personalità che sostenevano l’uscita dall’Euro.
In questo periodo si è discusso molto di digitalizzazione e di smart working come future prospettive occupazionali. Possiamo approfondire? Come può la politica essere utile nella crescita, tutela e valorizzazione di tali aspetti?
L’emergenza coronavirus ha fatto scoprire a tanti le potenzialità del digitale nella didattica e sul lavoro. Ci siamo scoperti però anche assolutamente impreparati sul piano della legislazione e delle infrastrutture digitali. Saranno un settore strategico e decisivo nei prossimi anni, su cui esercitare un presidio pubblico importante. Connessioni, 5G, piattaforme digitali, sicurezza digitale saranno fattori di competitività del sistema Italia. Il Mezzogiorno del Paese può e deve candidarsi a essere la nostra silicon valley dell’innovazione. Un volano per Università e occupazione al Sud. Quella centralità della competenza che oggi manca anche in politica.