L’imprenditore Giuseppe Vargiu vanta una lunghissima carriera manageriale e consulenziale, segnata sempre da uno sguardo rivolto all’innovazione, al futuro e alle opportunità offerte dal mercato globale. Oggi è alla guida di Uniexportmanager, associazione che riunisce gli export managers a supporto delle Piccole e Medie Imprese per il loro sviluppo sui mercati internazionali. Con lui abbiamo parlato, con uno sguardo critico e parole schiette, delle misure di sostegno pubblico all’internazionalizzazione messe in campo dal Governo per il rilancio delle nostre PMI.
Qual è, a suo parere, il principale motivo per cui nel 2020 le aziende esportatrici diminuiscono nonostante gli investimenti pubblici per il sostegno all’internazionalizzazione?
“Sicuramente il commercio internazionale 2020 è stato colpito dalla crisi innescata dal Covid, ma è evidente che i fondi per l’export, allocati in misura 5 volte superiore a quelli degli anni passati, non sono andati a sostegno delle PMI.
Con poche eccezioni le azioni di potenziamento e di inserimento capacità e competenze export nelle PMI si sono limitate a una serie di programmi di formazione prevalentemente orientati al teorico insegnamento del digitale e a sterili accordi con piattaforme ecommerce.”
Quali sono i limiti e le lacune del Patto per l’Export? Come può essere migliorato questo testo promosso dalla Farnesina?
“Nel 2020 sono stati spesi molti soldi pubblici con la finalità dichiarata di sostegno all’internazionalizzazione delle PMI. Purtroppo molte di queste risorse hanno favorito solo la patrimonializzazione di grandi aziende esportatrici oppure progetti di facciata, guidati più dall’esigenza di finanziare apparati del sistema pubblico che non da un visione forte ed efficace degli effettivi bisogni delle PMI.”
Come mai spesso le cabine di regia e le iniziative pubbliche a sostegno dell’economia non portano i risultati auspicati?
“Secondo me esiste una consapevolezza del Governo che solo il successo delle nostre imprese sui mercati esteri consentirà alla nostra economia di non finire schiacciata nei prossimi anni dal debito pubblico.
Per questo si allocano risorse ingenti ma sarà inutile se le azioni poste in essere non vanno in questa direzione. Va detto chiaro che il coinvolgimento di tantissimi operatori nelle cabine di regia e nel patto per l’export è solo una foglia di fico che va a coprire decisioni autoreferenziali degli apparati burocratici e delle lobby delle grandi aziende e delle grandi associazioni. Spiace vedere anche associazioni di PMI asservite a questo sistema.
Non c’è chiarezza sugli obiettivi da raggiungere, e il raggiungimento dei risultati viene monitorato dagli stessi che prima non specificano gli obiettivi e dopo certificano orgogliosamente di averli raggiunti.
L’obiettivo di aumentare significativamente il numero di aziende esportatrici, vitale per lo sviluppo di una economia orientata all’export, non è mai stato posto perché richiede azioni che portino efficacia sul campo, e non risultati di facciata.”
Le PMI italiane sono attente e fiduciose in merito alle opportunità offerte dai mercati stranieri? Come possiamo incentivare e sostenere anche le realtà che operano al di fuori del contesto dell’Italian Sounding?
“Le PMI Italiane hanno grandi aspettative sull’export ma sono spaventate e timorose. Avrebbero bisogno di sostegno finanziario concreto e di interventi di guide esperte e competenti che facilitino una visione imprenditoriale dei nuovi modelli di exportbusiness che stanno emergendo. Che non è soltanto presenza nelle piattaforme digitali.
L’italian sounding vale 100 miliardi e prospera perché le nostre PMI NON sono presenti sui punti vendita esteri. Valorizzare il brand madeinitaly mantenendo questo contesto significa favorire i produttori esteri di falsi prodotti italiani.
Vanno favorite iniziative e promozioni sul campo come ad esempio aggregazioni di prodotti autentici, tasting in store, promozioni a premi dei prodotti italiani, che agevolano la fruibilità diretta sui consumatori esteri, ci fanno trovare sui punti vendita, spingono i buyer a fare ordini ai ns produttori. Operazioni di questo tipo costano molto meno delle fiere e rendono molto di più.
Un test pilota fatto negli USA ha dato risultati straordinari con zero finanziamenti pubblici.”
Quali sono le misure da adottare e le prospettive per l’export italiano nel 2021?
“Sostenere con misure efficaci l’export della miriade di PMI che non esporta.
Per aumentare il numero delle aziende esportatrici (135mila su 4 milioni) serve a ogni azienda poter accedere in modo facilitato a esperti Exim (manager esperti export import internazionalizzazione) , competenti volta per volta per paese, settore, digitale, logistica, finanziamenti, da ingaggiare con semplicità quando ce ne è bisogno senza macchinosi bandi a sportello, interposizioni di società di consulting, apparati burocratici.
Il bando DigitalExportManager annunciato ad agosto non è stato ancora emanato, avrà delle modalità burocratiche di selezione, tempi lunghi, poche risorse che per giunta saranno esaurite in pochi minuti in un umiliante click day.
Non è così che può funzionare . Servono fondi e misure adeguate alle PMI. A dire la verità adeguati sarebbero stati quelli allocati su Sace Simest, che però in massima parte sono andati a patrimonializzare le grandi imprese e a favorire le loro attività all’estero.
Se fosse questo l’obiettivo non mi trova d’accordo, ma almeno vorrei che fosse dichiarato apertamente dai responsabili. Invece nel report dei risultati della cabina di regia utilizzano decine di volte il termine PMI.
L’obiettivo deve essere allocare risorse adeguate e misure coerenti per sostenere con misure specifiche e coerenti l’export della miriade di PMI che non esporta .
E chi adotta le misure deve specificare i risultati attesi il cui raggiungimento dovrà essere pubblicamente monitorato.”
Scopri il programma Start Your Export di Euromed International Trade. Per info e consulenze compila il seguente form.
Widget not in any sidebars