Con l’inizio del 2021, tra le tematiche dell’attualità oggetto di dibattito internazionale ritroviamo l’accordo raggiunto sulla Brexit e il relativo capitolo Iva. L’accordo di libero scambio, senza quote né dazi doganali, concluso il 24 dicembre con Bruxelles, evita una rottura brusca delle relazioni fra le due sponde della Manica e con l’Europa, evitando conseguenze devastanti dal punto di vista economico.
Ma andiamo con ordine. La notizia importante per le imprese italiane ed europee è la non applicazione di dazi alle frontiere su merci e prodotti esportati dal Regno Unito ed Europa e non ci sarà un limite alla quantità di prodotti commerciabili tra i due Paesi. Quanto alla pesca, settore di ridotto impatto economico che però era diventato uno degli scogli principali durante i negoziati sull’accordo, l’Europa rinuncia a un quarto (in valore) della quota di pesce catturato nelle acque del Regno Unito, molto meno dell’80% inizialmente richiesto dalla Gran Bretagna. Il sistema sarà in vigore per 5 anni e mezzo, dopodiché le quote saranno riesaminate anche secondo criteri di sostenibilità dei mari del Nord.
Per le imprese, tra le tematiche da sciogliere molta attenzione è stata posta alle eventuali tasse da applicare al trattamento dell’Iva. L’accordo di cooperazione commerciale e di cooperazione Ue-Regno Unito comprende un protocollo di cooperazione e di lotta contro la frode all’Iva, dazi e accise, oltre all’assistenza reciproca tra l’Unione e il Regno Unito per la riscossione dei crediti fiscali e dell’Iva. L’accordo crea un quadro di riferimento tra il Regno Unito e gli stati membri dell’Unione per assistersi reciprocamente per proteggere le entrate Iva e recuperare imposte e dazi reciproci. Sostanzialmente, la maggior parte degli stati europei non imporrà l’obbligo alle imprese del Regno Unito di nominare un rappresentante fiscale per le operazioni Iva. L’accordo include la possibilità per gli stati di richiedere l’utilizzo delle procedure di recupero dei crediti per la riscossione delle imposte e delle sanzioni in sospeso in base alle leggi dello stato richiedente.
Il Regno Unito e l’Unione hanno annunciato, nel breve termine, la creazione di uffici di collegamento e funzionari competenti ai fini della cooperazione e dello scambio di dati, con i poteri necessari per cooperare negli scambi di assistenza reciproca, nelle indagini e nel recupero dei crediti. Sarà istituito un Comitato specializzato che si riunirà almeno due volte l’anno per esaminare le disposizioni. Inoltre, notizia che ha suscitato estrema attenzione, anche per le iniziative delle attiviste e femministe britanniche, è l’abolizione, da parte delle autorità britanniche, dell’Iva sui prodotti igienici, ritenuti dall’Ue beni non essenziali. Secondo le stime del Tesoro, l’iniziativa permetterà alle donne di risparmiare quasi 40 sterline nel corso della vita, con un taglio di 7 centesimi su una confezione di 20 tamponi e 5 centesimi su 12 assorbenti.
Gli uffici fiscali predisposti dell’autorità richiedente possono inviare funzionari in altri stati per partecipare e supervisionare eventuali indagini con il consenso dell’autorità richiesta. Lo stato richiedente e lo stato richiesto possono accettare di esercitare contemporaneamente il controllo dell’Iva e i dati di specifici contribuenti. Ogni domanda di recupero è accompagnata da un titolo uniforme che consente l’esecuzione nello stato dell’autorità interpellata. I dati saranno scambiati elettronicamente attraverso la rete comune di comunicazione dell’Unione.
Dal punto di vista delle vendite è opportuno considerare che per ogni fattura di vendita verso il Regno Unito sarà necessario anche acquisire la prova dell’avvenuta esportazione. Ciò in quanto le operazioni non imponibili di vendita non recando l’Iva in rivalsa nei confronti del cliente dovranno trovare la giusta prova dell’assenza dell’Iva.
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