La web tax che l’Italia si appresta a far entrare in vigore potrebbe avere ricadute negative sull’export di prodotti alimentari Made in Italy, per effetto di una reazione dell’amministrazione degli Stati Uniti.
La parte americana intende difendere le proprie aziende che saranno danneggiate dall’imposta sui servizi digitali, che secondo l’organo United States Trade Representative sarebbe in contrasto con i principi fiscali internazionali.
Ecco allora che gli USA potrebbero aprire una nuova guerra commerciale con l’Unione Europea, e in particolare con i dodici stati pronti a tassare i colossi del digitale che operano nei rispettivi territori.
Tra questi è presente anche l’Italia, che ha confermato l’applicazione di un’imposta del 3% sul fatturato delle società di internet che vantano 750 milioni di ricavi a livello globale e incassi in Italia di almeno 5,5 milioni di euro, per un gettito complessivo stimato in 700 milioni di euro.
Secondo un report in arrivo da Washington, sia le soglie di fatturato della web tax che la selezione dei servizi coperti discriminano le aziende statunitensi interessate, che sono il 62% delle aziende coinvolte dalla tassa italiana, a cospetto del 7% delle imprese italiane.
Secondo gli americani la web tax italiana sarebbe irragionevole perché incoerente con i principi fiscali internazionali prevalenti, in quanto si applica al fatturato piuttosto che agli utili, si applica alle entrate non collegate ad una presenza fisica in Italia, è extraterritoriale, comporta una doppia imposizione, impone un’ampia gamma di oneri per le società made in Usa, ed è anche priva di regolamenti e linee guida di attuazione, che comportano oneri finanziari, amministrativi e di compliance per le società americane.
L’Italia ora rischia l’imposizione di dazi sui propri prodotti agroalimentari, come già accaduto alla Francia, che dopo aver approvato la sua web tax ha visto in salita i prezzi per l’export di vino e prodotti di lusso negli States.
L’unico margine di speranza arriva dai piani alti della politica americana. Il neo Presidente Joe Biden sta infatti mostrando una maggiore apertura nei rapporti internazionali, e una maggiore tendenza al compromesso. Potrebbe tuttavia confermare una certa linea protezionistica nei confronti delle aziende americane.