Si attende per il 1° Settembre 2021 l’entrata in vigore della riforma del fallimento, un nuovo pacchetto normativo sulla crisi d’impresa che in coincidenza con l’emergenza coronavirus e le relative restrizioni rischia di portare effetti devastanti per l’intero sistema economico.
Interpretando in maniera discutibile una direttiva europea che prevedeva meccanismi di consulenza e sostegno a favore dell’imprenditore, l’Italia ha pensato di istituire i cosiddetti OCRI, nuovi organismi di composizione della crisi, che dovrebbero sostituirsi in qualche modo all’imprenditore nella valutazione e nella gestione della crisi dell’impresa non appena emergano alcuni segnali di pericolo, che in verità nella situazione rientrano nella normalità, e solitamente non rappresentano l’anticamera di un possibile fallimento: parliamo ad esempio di ritardi e difficoltà a pagare i fornitori o a versare le imposte.
Tradotto tutto questo nella situazione attuale, se l’entrata in vigore della riforma fosse confermata per il 1° settembre quasi tutte le imprese in difficoltà dovrebbero essere segnalate agli organismi di composizione della crisi per l’avvio di una procedura fallimentare.
Va ricordato che questa riforma, denominata Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, sarebbe dovuta entrare in vigore lo scorso anno, ma è slittata a causa della pandemia. La speranza è che la nuova scadenza possa slittare ulteriormente per essere adeguata a una situazione negativamente straordinaria e inimmaginabile quando la riforma è stata scritta e approvata, nel “lontano” 20219. Qualcuno ipotizza che una data ragionevole per attuare questo nuovo codice non potrebbe essere fissata prima del 2023.
A parlare di tale adeguamento alla situazione Covid è stato anche il G30, il think tank fondato su iniziativa della Rockefeller Foundation nel 1978, che fornisce consulenze sui temi di economia internazionale e monetaria, e che per l’occasione ha trasmesso una serie di raccomandazioni basate sull’abbandono del focus sulla liquidità, che era stato l’elemento centrale degli interventi statali e delle banche centrali nella prima fase della pandemia, per approcciare la ripresa con una strategia di lungo termine, rivedendo i sistemi di salvataggio e le procedure di ristrutturazione per permettere al mercato, agli investitori e alle banche di valutare la capacità delle imprese di generare ricchezza a prescindere dalla situazione finanziaria del momento, e garantire loro un adeguato sostegno per il rilancio.