Gli Investimenti Diretti Esteri (IDE) continuano a crescere e si confermano l’elemento chiave per il rilancio economico del Paese. Non a caso l’Italia, per continuare a sostenerli, sta ragionando ormai da diversi mesi in merito a processi di riforma sia in ambito burocratico-fiscale che in termini di logistica e mobilità delle merci proprio per attirare quel flusso di investimenti e finanziamenti effettuati da imprese che hanno sede in Paesi stranieri.
A dimostrare limpidamente l’importanza degli IDE sono alcuni numeri. In tutto il mondo, tra il 2000 e il 2019, lo stock di investimenti diretti esteri in entrata è cresciuto del 177%, e lo stesso è accaduto in Italia, con una crescita del 165% nello stesso periodo. Da noi le multinazionali generano un fatturato di 600 miliardi di euro, pari a quasi un quinto di quello prodotto da tutte le imprese italiane, ed investono in Ricerca e Sviluppo per quasi un quarto del totale. Mentre negli ultimi anni il numero delle multinazionali estere è cresciuto, passando da 12.556 a 13.333 tra il 2011 ed il 2016 (+6,2%).
Quanto va evidenziato, tuttavia, è il potenziale di attrattività ancora inespresso del nostro Paese, che nella crescita di multinazionali non riesce a pareggiare i numeri di Paesi come Francia, Germania e Spagna. A gravare sulla crescita degli IDE sono invece problemi di lungo corso, rimasti da troppo tempo irrisolti: un eccesso di burocrazia, una giustizia lenta e inefficace, infrastrutture sviluppate in maniera disomogenea.
Eppure il nostro Paese si posiziona al 18mo posto nel mondo come potenziale di attrattività grazie a elementi positivi come le filiere strutturate che hanno favorito la nascita di un ambiente amico delle imprese. La filiera del tessile-moda-abbigliamento allargata, ad esempio, genera 90 miliardi di fatturato e dà lavoro a 600.000 persone; mentre la filiera agroalimentare – prima ricchezza del Paese – produce 208 miliardi di euro di fatturato e offre lavoro a 1,4 milioni di occupati; e ancora, la filiera legno-arredo contribuisce al 4,5% del fatturato nazionale generando 42,5 miliardi di euro e dà occupazione a 310.849 addetti.
Le filiere italiane sono un volano per la crescita e il rilancio del nostro Paese in quanto valorizzano non solo la prossimità geografica e culturale delle aziende, ma anche la qualità delle produzioni e il valore del Made in Italy. E nonostante il tessuto produttivo sia costituito in larga parte da PMI (circa il 98% del totale delle imprese), gli IDE possono consentire di far leva su aziende internazionali in grado di fare da capofila.
Per questo Imprese del Sud sostiene la necessità di puntare in maniera forte e decisa nella crescita degli Investimenti Diretti Esteri quale obiettivo primario per i programmi di rilancio post Covid. Perché ogni risorsa investita in Italia da una multinazionale straniera porta benefici fino a tre volte superiori, rendendo quello per la crescita degli IDE non un semplice stanziamento ma un vero e proprio investimento.