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Imprese all’estero: come il fisco riconosce la stabile organizzazione

I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate per le imprese che operano in più mercati

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In un contesto economico che vede crescere rapidamente le le operazioni transfrontaliere e la presenza di aziende italiane all’estero tramite processi di internazionalizzazione, cresce anche la necessità di stabilire un quadro normativo sempre più efficiente in termini di chiarezza e certezza, soprattutto in merito al concetto di stabile organizzazione che sta alla base della determinazione dei versamenti fiscali.

Per questo l’amministrazione finanziaria italiana ha virato significativamente verso istituti volti a favorire la compliance di contribuenti con attività aventi respiro internazionale. E proprio in tale contesto s’inserisce il decreto “Internazionalizzazione” (Dlgs n. 147/2015) che ha comportato l’introduzione della nuova disciplina in tema di accordi preventivi per le imprese internazionali.
 
L’elemento di maggiore novità risiede nella circostanza che, tra le fattispecie oggetto dell’istituto, viene esplicitamente prevista quella relativa alla valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti che configurano una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, tenuti presenti i criteri previsti dall’articolo 162 Tuir, nonché delle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia. Rientra nelle competenze dell’ufficio Accordi preventivi dell’Agenzia delle Entrate anche la possibilità di pronunciarsi in ordine all’attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione.

Anche le Map, procedure amichevoli per la risoluzione delle controversie internazionali successive alla contestazione di un illecito tributario, negli ultimi anni hanno assunto un’importanza crescente da un punto di vista quantitativo in merito alle tematiche giuridiche sollevate in tema di stabile organizzazione.

Sebbene la maggior parte delle procedure amichevoli, aperte ai sensi dell’articolo 25 del modello Ocse, riguardi questioni connesse alla determinazione dei prezzi di trasferimento, tali procedure possono essere utilizzate in tutti i casi in cui il contribuente ritiene che l’adozione di una misura da parte di uno o di entrambi gli stati contraenti risulti o risulterà in contrasto con le disposizioni convenzionali. Attivate a seguito di convenzione contro le doppie imposizioni, hanno come controparte le autorità competenti di ciascuno degli Stati, con i quali L’Italia ha concluso una convenzione contro le doppie imposizioni.

Le convenzioni siglate dall’Italia contengono, inoltre, una clausola arbitrale, non prevista come obbligatoria, ma attivabile solo con il consenso di entrambi gli Stati contraenti.
Le Map aperte ai sensi della convenzione arbitrale, diversamente da quelle Ocse, prevedono un’obbligazione di risultato e non di mezzi. Tuttavia, esse sono applicabili solo nei rapporti con gli stati membri della Ue e, solo per risolvere casi di doppia imposizione economica derivante da rettifiche da transfer pricing. Per tale motivo se ne tralascia la trattazione specifica.

Oltre agli accordi preventivi e alle procedure amichevoli, esistono anche gli istituti della cooperazione e collaborazione rafforzata, nonché dell’interpello nuovi investimenti. Il primo istituto ha la chiara finalità di promuovere e facilitare il confronto tra gruppi multinazionali esteri e amministrazione finanziaria, creando un contesto di maggiore certezza per i predetti operatori. In sostanza, lo strumento permette al contribuente di “grandi dimensioni” di avviare un percorso collaborativo in contraddittorio con l’Agenzia delle entrate, che consente, su base volontaria, l’emersione della stabile organizzazione e una serie di conseguenti vantaggi, quali la mitigazione delle sanzioni e la non applicabilità di quelle penali.

L’interpello sui nuovi investimenti è, invece, un istituto che concede la facoltà, agli investitori italiani o stranieri che intendono effettuare nel territorio dello Stato importanti investimenti, con rilevanti e durature ricadute occupazionali, di presentare un’apposita istanza, allo scopo di conoscere preventivamente il parere in merito al corretto trattamento fiscale dell’operazione.

Tale tipo di interpello può riguardare ogni profilo di fiscalità legato al piano di investimento, compreso quello interpretativo, applicativo, antiabuso ed elusivo e si conclude con la formulazione di un parere sul corretto trattamento fiscale del piano d’investimento, che resta valido fintantoché non intervengano mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto caratteristiche dell’operazione. Anche in questo caso, la ratio è di dare certezza al contribuente in merito ai profili fiscali del piano di investimento sul sistema fiscale italiano.

Giovanni Guarise
Giovanni Guarise
Giornalista professionista dal 2010. Nel corso degli anni da freelance ha dedicato particolare attenzione al mondo della Piccola e Media Impresa con approfondimenti, focus e attività di comunicazione.
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