Con la ripresa in presenza dei grandi appuntamenti di salone moda fiorentini dedicati all’uomo e all’abbagliamento per bambini, il Centro Studi di Confindustria Moda rende noti i risultati dei due comparti, che dopo aver tracciano un quadro a tinte fosche per quanto riguarda lo scorso anno, segnala anche i primi segnali di ripartenza nel primo trimestre del 2021. In un clima di positività, dato dalla crescente domanda di maglieria e dalla risposta da parte degli espositori, si è aperta recentemente a Firenze l’edizione di Pitti immagine filati, dedicata ai filati di alta qualità per la maglieria. L’evento ha fatto registrare una nutrita presenza da parte del pubblico interessato perché la sovrapposizione di un giorno con Pitti uomo e bimbo piace molto ai buyer, che hanno così la possibilità di estendere la loro ricerca.
Secondo l’analisi del Centro studi di Confindustria moda per Smi, il fatturato di settore ha visto l’anno scorso una flessione del 27,2%, bruciando oltre 750 milioni di euro e portandosi a poco più di 2 miliardi di euro. I decrementi più rilevanti, come indicano import e consumo apparente, si sono palesati sul mercato interno, ma anche le vendite estere hanno perso terreno, calando del -19,6% a 651 milioni, con una variazione peggiore del biennio 2008-2009. Tuttavia, il saldo commerciale, in deficit dal 2016 al 2019, è tornato positivo per 57 milioni di euro, grazie anche ai filati per aguglieria. Per i dodici mesi in corso, l’indice di produzione industriale Istat relativo alle attività di filatura fa registrare un primo timidissimo segnale di recupero, evidenziando una variazione del +0,6% su base annua.
Nel 2020, l’export del solo abbigliamento per neonati riesce a contenere il decremento al -7,8%, per un totale di 143,3 milioni di euro. I primi tre sbocchi presentano variazioni di segno negativo: Spagna -6,7%, Svizzera -9,6%, Regno Unito -9,8%. Francia e Romania, al contrario, risultano in controtendenza e crescono rispettivamente del +7,2% e del +28,0%. Le vendite destinate in Germania calano del -14,8%, verso il Portogallo del -9,6%, mentre la Russia perde il -19,3%. Non mancano mercati che sono stati caratterizzati da trend favorevoli, ovvero Emirati Arabi (+9,8%), Hong Kong (+6,3%), ma soprattutto Corea del Sud (+516,2%). Sempre con riferimento al solo abbigliamento bebè, le importazioni dall’estero in Italia sperimentano una dinamica negativa molto sostenuta pari al -22,4%.
La Spagna, confermata al secondo posto, riesce a contenere invece la dinamica al -7,9%. Il Bangladesh, sempre terzo supplier, mostra un decremento del -9,7%. Flessione non marginale, nella misura del -51,7%, colpisce i capi bebè di provenienza francese, nonché dall’India (-23,9%). In controtendenza si registra la crescita delle importazioni dalla Turchia (+20,7%). Secondo i dati ISTAT, con riferimento al solo segmento bebè, da gennaio a marzo 2021 l’export presenta un’inversione di tendenza, mostrando una timida variazione in aumento, pari al +0,7%. Tra i principali mercati, si assiste al ritorno di dinamiche positive in molti casi: l’export diretto in Svizzera cresce del +10,9%, quello in Francia del +49,9%, quello in Germania del +10,1%. Un’interessante crescita interessa anche le vendite di moda bebè destinate agli Emirati Arabi Uniti, che segnano un +115,7%. Di contro, Spagna e Regno Unito registrano ancora un trend negativo.
In generale, nel 2021 l’export moda e abbigliamento dovrebbe salire del 13%, a 63,4 miliardi. Se a febbraio 2021 il fatturato della moda è risultato inferiore solo del 9% rispetto a un anno prima, quando l’emergenza sanitaria stava iniziando a diffondersi oltre i confini cinesi, in marzo è aumentato del 50% rispetto al marzo 2020, con punte del 70% per abbigliamento e calzature, sintomi di un diffuso revenge shopping per categorie a lungo penalizzate da lockdown e limitazioni alle attività sociali.