Le tensioni sul fronte dei container si legano alla crisi degli approvvigionamenti, per effetto della pandemia, e i segnali per l’export italiano diventano preoccupanti. Il mercato c’è, ma mancano i container e le strutture logistiche che possano affrontare su scala globale la problematica. L’allarme risuona dal Pacifico al Mediterraneo. In Italia, l’associazione di agricoltori Coldiretti ha lanciato l’allarme sull’export agroalimentare Made in Italy. Preoccupazioni che sono avallate anche dagli esperti e dagli analisti spedizionieri. “Questo enorme aumento dei noli marittimi provoca un aumento dei costo dei prodotti“, ha recentemente ribadito Giampaolo Botta, direttore di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri di Genova. Secondo una stima calcolata dall’associazione genovese, l’incidenza del nolo marittimo sul valore delle merci trasportate, dal Mediterraneo alla Cina, va dallo 0,1% per le calzature al 25,7% per legno e prodotti in legno. Dalla Cina al Mediterraneo, l’incidenza è maggiore: 0,6%-141%. “L’industria italiana punta su beni di qualità, con alto valore aggiunto e alto costo di produzione. Se a questo aggiungiamo gli alti costi di trasporto, rischiamo di perdere quote di mercato“, è il timore di Botta.
La stima di Spediporto è ottimistica e andrebbe rialzata perché risale a qualche mese fa e non tiene conto degli ultimi aumenti. L’indice Fbx per un container dal Mediterraneo alla Cina era di 986 dollari un anno fa, mentre è di 1.528 dollari nell’ultimo mese, un aumento del 55%. Dalla Cina al Mediterraneo, nello stesso periodo, è passato da 1.767 a 12.301 dollari, +600%. Inoltre, la mancanza di uno schema preciso nazionale su sburocratizzazione e innovazione del settore rende ancora più problematico ciò che la logistica internazionale sta vivendo. La Direttiva europea nota come Reporting Formalities Directive, che aveva lo scopo di armonizzare le procedure amministrative relative al trasporto marittimo in Europa, e invitava gli stati membri ad adottare sistemi elettronici per la trasmissione dati e a renderli disponibili per gli scambi. Nel 2016, la Commissione europea aveva dichiarato che gli obiettivi della stessa Direttiva non erano stati raggiunti. Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, nel corso di un webinar dal titolo “Digital customs simplification and Innovative Federative Services in maritime & logistic sector: challenges and opportunities“,organizzato da Circle, nell’ambito della rassegna Connecting Eu Insights, aveva dichiarato che l’assenza di una vera semplificazione e di pratiche di condivisione dei dati rappresentano una problematica da affrontare con urgenza. D’altronde, sia la Pubblica Amministrazione che gli stessi privati tra loro richiedono per una singola operazione di import export oltre 50 tipi di documenti. Se a tale caotica situazione aggiungiamo ciò che sta accadendo a livello internazionale con il traffico container è facile comprendere le preoccupazioni del settore industriale italiano e i timori degli spedizionieri.
Inoltre, come già riportato in una nostra precedente analisi, un fenomeno preoccupante a cui gli esportatori internazionali stanno assistendo è quello della concentrazione tramite fusioni e aggregazioni delle compagnie di navigazione, che si sono ridotte di numero e sono diventate sempre più grandi, veri colossi delle linee di trasporto via mare. Pochi giganti del mare che controllano il commercio mondiale e molte di queste compagnie sono di bandiera cinese. La fame di spazi ha fatto salire i noli, il prezzo da pagare per spedire un container da un angolo all’altro del globo. Il congestionamento dei porti, da quelli cinesi e del sud est asiatico, a quelli dei porti del nord America, west coast, fino agli scali Europei, ha immobilizzato migliaia di container creando una carenza di equipment. La situazione ha impattato gravemente sulla supply chain, non solo per i costi esorbitanti dei noli che hanno raggiunto i 10 mila dollari e i 15 mila dollari per i reefer, ma anche perché vede venir meno il principio basilare di affidabilità della logistica. Gli operatori della logistica denunciano una situazione in cui i carrier non sono più in grado di rispondere alla richieste di booking, lasciando il caricatore nel limbo e venendo meno all’affidabilità del servizio.
Attualmente, il costo dell’invio di un container dall’Asia alla costa occidentale americana ha raggiunto i 18.425 dollari secondo il Freightos Baltic Global Container Index. Ad aprile lo stesso container costava 4.854 dollari, mentre un anno fa era attorno ai 2.500 dollari. Il giochino è divenuto non più sostenibile. L’aumento registrato in soli cinque mesi del 350% dà un’idea precisa e allarmante di quanto il costo del trasporto marittimo sia fuori controllo dalle normali logiche commerciali.