La possibilità di chiudere le liti fiscali sarà ampia e riguarderà ogni grado di giudizio. Saranno quattro le opzioni per definire le controversie tributarie, oltre a quanto già previsto nella legge di riforma del contenzioso per le liti pendenti in Cassazione.
Nella sostanza, La legge di bilancio per il 2023 prevede diverse possibilità per chiudere le liti tributarie pendenti. In particolare, sarà possibile definire le controversie riguardanti l’Agenzia delle Entrate in ogni stato e grado del giudizio, anche in Cassazione.
In alternativa, sarà possibile scegliere la procedura di conciliazione agevolata o rinunciare al ricorso per i soli giudizi pendenti in Cassazione.
In ogni caso, la chiusura delle liti potrà essere richiesta dal soggetto che ha presentato l’atto introduttivo del giudizio o da chi ne ha la legittimazione, e prevederà il pagamento di un importo pari al valore della controversia. La legge di bilancio per il 2023 ripropone nei suoi tratti essenziali i precedenti provvedimenti riguardanti la chiusura delle liti pendenti.
La definizione delle liti fiscali può essere richiesta dal soggetto che ha presentato l’atto introduttivo del giudizio o da chi ne ha la legittimazione, e prevede il pagamento di un importo pari al valore della controversia, che solitamente corrisponde all’importo del tributo.
Il costo della definizione varia in base al grado e all’esito del giudizio, e per i ricorsi pendenti in primo grado dovrebbe essere pari al 90% del valore della controversia.
In alternativa alla definizione delle liti fiscali, esperibile anche la procedura di conciliazione agevolata o la rinuncia al ricorso, limitatamente ai giudizi pendenti in Cassazione.
La prima previsione è di carattere generale e riguarda le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione e anche a seguito di rinvio, alla data del 1 gennaio 2023 ed a prescindere dalla tipologia di atto assunto in contenzioso.
Le stesse, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, vale a dire, nella generalità dei casi l’importo del tributo.
Il costo della definizione varia a seconda del grado e dell’esito del giudizio e, per i ricorsi pendenti in primo grado, la somma dovuta dovrebbe essere del 90 per cento del valore della controversia.
Laddove sia intervenuta soccombenza dell’agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata al 1 gennaio 2023, le controversie possono essere definite con il pagamento: a) del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado; b) del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.
La gradazione dei costi per la definizione delle liti fiscali dipende dalle soccombenze ripartite tra le parti.
Se la controversia è pendente dinanzi alla Cassazione e l’agenzia è risultata soccombente in tutti i gradi precedenti, la definizione costerà il 5% del valore della controversia.
Se la controversia riguarda solo sanzioni non collegate al tributo, il costo sarà del 15% o del 40%. La domanda per la definizione della controversia deve essere presentata entro il 30 giugno 2023 e i pagamenti, se superiori a 1000 euro, possono essere rateizzati fino a 20 rate trimestrali.
In alternativa, è possibile optare per la conciliazione agevolata della controversia, sempre entro il 30 giugno 2023, con sanzioni fissate al 18% del minimo di legge. La tempistica dovrà essere attentamente modulata per non rischiare di vanificare le diverse opzioni previste dalla legge.
Nella previsione riguardante le liti fiscali pendenti alla Cassazione il cui soggetto è l’Agenzia, il ricorrente può rinunciare al ricorso entro il 30 giugno 2023 se ha raggiunto una definizione transattiva con l’altra parte in causa.
La definizione transattiva prevede il pagamento delle imposte dovute, delle sanzioni ridotte ad un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, degli interessi e degli eventuali accessori.
Tale accordo deve essere sottoscritto e le somme dovute devono essere pagate entro 20 giorni dalla sottoscrizione.
Tuttavia, è prevista una alternativa alla possibilità di definire le controversie pendenti, ovvero la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione, come previsto dall’articolo 5 della legge 130/2022. Il contribuente dovrà valutare attentamente quale opzione sia più conveniente se desidera chiudere il caso.