La coltivazione dei grani antichi, unitamente ad altri grani antichi della nostra bella Penisola come il Saragolla, la Tumminia, il Grano Monococco, il Gentil Rosso, la Verna, il Rieti, il Grano Solina, è stata quasi del tutto soppiantata dalla coltivazione del grano moderno da cui si produce la farina di tipo 0 e 00 con la quale vengono realizzati la stragrande maggioranza dei prodotti da forno attualmente in commercio.
Il grano moderno è il frutto della selezione genetica operata sul frumento dall’uomo che, spinto dalle esigenze di perfezionamento produttivo e di standardizzazione del primo dopoguerra, ha dato vita ad un prodotto versatile, facilmente adattabile alle differenze climatiche e capace di rendere più abbondante e ricca la produzione, anche se a scapito delle sue caratteristiche nutrizionali.
Il ritorno alla coltivazione di questi grani offre una serie di vantaggi come le opportunità di sviluppo offerte ai piccoli produttori, il benessere che l’utilizzo di questi grani può portare alla salute del consumatore, il sostegno della biodiversità.
I grani antichi non hanno subito modificazioni genetiche da parte dell’uomo pertanto sono più genuini e sani rispetto al grano tenero. In più essendo lavorati essenzialmente con la macinazione a pietra risultano meno raffinati rispetto alla farina comune. Con la macinazione a pietra infatti si ottiene un prodotto semi integrale che mantiene quasi intatte le proprietà nutrizionali presenti nel chicco non lavorato.
Una visione che parte del Nord Africa, con l’occhio a tutto il Mediterraneo, è al centro di un progetto del Rotary che ha inaugurato recentemente a Tebourba, a circa 30 km dalla capitale, il primo locale con il forno per la produzione del pane e per lo stoccaggio, il confezionamento e la vendita dei grani e dei prodotti trasformati.
Protagonista dei lavori l’ingegnere Franz Martinelli, presidente della Commissione Rotary per il Mediterraneo, che con la collaborazione di due organizzazioni tunisine, l’associazione Slow Food Tebourba e l’associazione Irada per la famiglia rurale e le artigiane, hanno dato vita ad un circuito economico circolare legato ai grani antichi tunisini, varietà mahmoudi, schili, biskri, attraverso la valorizzazione di tutta la filiera. Dai piccoli agricoltori che lavorano e seminano queste varietà tradizionali di grano duro alle donne che ne fanno prodotti ad alto valore aggiunto, come il borghul, il couscous, il pane e la variegata tipologia di paste della tradizione gastronomica tunisina è il risultato legato all’obiettivo del progetto “Grani antichi tunisini”.
Il progetto, attraverso l’agricoltura biologica sta valorizzando la vita e la produzione di un’intera comunità di donne e uomini, incentivando l’occupazione locale e attirando l’interesse di numerose realtà enogastronomiche interessare alla valorizzazione di antiche varietà di frumento da riscoprire.
Nel corso degli ultimi mesi numerosi sono stati i passi compiuti per il raggiungimento e l’ottenimento dei fondi da destinare alla costruzione di strutture per lo stoccaggio, il confezionamento e la vendita dei grani e dei prodotti trasformati, alla realizzazione di un forno per la produzione del pane e alla formazione del personale locale, al fine di poter gestire in maniera autonoma e completa l’intera filiere produttiva, generando reddito e rendendo quindi il progetto, alla fine della fase di avvio, completamente e autonomamente sostenibile.
Occupazione, lavoro sostenibile, tutela dell’ecosistema e riscoperta delle tradizioni antropologiche del Mediterraneo. Attraverso la riscoperta del grano antico possiamo intraprendere una diversificazione alimentare, essenziale per il nostro organismo e per la tutela dell’ambiente.