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Redditometro: Retroattività – Violazione Statuto Contribuente

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Doppia grana per il decreto sul nuovo redditometro: è contrario ai principi dello statuto del contribuente ed è in eccesso di delega. È contrario ai principi generali dell’ordinamento tributario nella parte in cui prevede la retroattività delle disposizioni in esso contenute ed è in eccesso di delega perché individua una nuova fattispecie utilizzabile ai fini dell’accertamento sintetico, quale la quota di risparmio formatosi nell’anno, in assenza della necessaria copertura da parte della norma primaria.

L’esame via via più approfondito del decreto del ministro dell’economia e delle finanze del 24 dicembre scorso continua dunque a suscitare più di un dubbio circa la legittimità e l’operatività nel concreto di molti dei suoi contenuti. Ma veniamo da analizzare i due aspetti critici segnalati in apertura.

La retroattività della norma. Le disposizioni contenute nel decreto ministeriale, recita testualmente il primo comma dell’articolo 1, si rendono applicabili alla determinazione sintetica dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009. Questa disposizione, che conferma e amplifica la retroattività del nuovo strumento di accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche, si pone in aperto contrasto con quanto disposto dall’articolo 3, primo comma, della legge n. 212/2000.

In quest’ultima disposizione normativa, la cui rubrica è appunto «efficacia temporale delle norme tributarie», si statuisce il principio secondo il quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Esse non possono cioè essere emanate per disciplinare la determinazione dei redditi e delle imposte di periodi d’imposta anteriori a quelli di entrata in vigore della disposizione stessa.

Si tratta di un principio sacrosanto di civiltà giuridica prima ancora che di tutela del contribuente, che ora il decreto del ministro dell’economia e delle finanze tenta di violare apertamente con la norma contenuta nel già citato articolo 5 che conferisce efficacia retroattiva al nuovo strumento di accertamento.

La questione della irretroattività della norma tributaria è stata oggetto di vari interventi della Corte di cassazione. In uno dei più recenti (n. 10982/2009) la Suprema corte, intervenendo in materia di accertamento con adesione, ha accolto le eccezioni del contribuente stabilendo che sulla base del principio dell’affidamento del contribuente previsto nell’articolo 10 dello Statuto e di quello della irretroattività della norma tributaria sfavorevole al contribuente previsto nell’articolo 3 dello stesso, non fosse possibile l’applicazione retroattiva della disposizione oggetto di causa.

La difesa contro l’irretroattività della norma tributaria sfavorevole al contribuente deve dunque essere esperita nel corso del giudizio tributario nel quale si potrà chiedere al giudice adito, in primis l’illegittimità della norma, e in subordine la non applicazione delle sanzioni derivanti dalla sua applicazione retroattiva.

L’eccesso di delega. Il quinto comma del nuovo articolo 38 del dpr 600/73 delegava a un successivo decreto ministeriale unicamente l’individuazione del contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza del contribuente.

Il decreto doveva cioè validare il nuovo paniere di beni e servizi sui quali si fonderà l’accertamento redditometrico per i periodi d’imposta successivi al 2008.

Il sesto comma dell’articolo 1 del decreto del 24 dicembre 2012 fa invece qualcosa di più rispetto a detta individuazione e validazione: introduce un ulteriore elemento sulla base del quale potranno scattare gli accertamenti redditometrici rappresentato «dalla quota di risparmio riscontrata, formatasi nell’anno».

L’inserimento di una vera e propria nuova tipologia di rettifica sintetica del reddito basata sulla capacità del contribuente di accumulare risparmio nel tempo è una vera e propria nuova frontiera dell’accertamento sintetico che non pare possa essere stabilita per decreto ministeriale o quantomeno non con un decreto i cui compiti erano precisi e ben delineati dalla norma primaria (articolo 22 del dl 78/2010). A conferma che la quota di risparmio non è un ulteriore elemento indicativo di capacità contributiva bensì una nuova metodologia di accertamento sintetico che apre scenari tutti da esplorare anche in ordine alla prova contraria che potrà essere fornita dal contribuente, basta esaminare il contenuto della tabella A allegata al decreto stesso. In nessuna delle undici voci di spesa figura infatti la quota di risparmio accumulata nell’anno.

tratto da Italia Oggi Numero 010  pag. 27 del 12/1/2013

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