Il mancato rispetto del diritto al contradditorio preventivo può causare l’illegittimità di un accertamento. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 2 febbraio 2021 n. 2243, ha riaffermato i valori espressi nello Statuto dei diritti del contribuente e la centralità del diritto al contraddittorio in fase di pre-accertamento dopo anni di giudizi di opposta tendenza.
La pronuncia ha origine da una frequente situazione di accesso istantaneo nei locali aziendali da parte dell’Agenzia delle Entrate con l’emissione dell’atto di accertamento prima del decorso del termine di sessanta giorni, stabilito dall’articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente.
Secondo la Cassazione, questa inosservanza del termine di 60 giorni garantita dal legislatore per consentire al contribuente un’adeguata difesa, determina in automatico l’illegittimità dell’imposizione prima del tempo, anche in presenza di accessi brevi da parte dei verificatori.
Pertanto non può essere utilizzata come giustificazione del mancato rispetto del termine di difesa nemmeno una breve durata, nel caso specifico di un solo giorno, della permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, finalizzata all’acquisizione della documentazione utile per la verifica in corso.
In conclusione, la violazione del diritto di difesa non va considerata una semplice irregolarità procedimentale, ma investe più in generale il rapporto tra contribuente e fisco e determina, come conseguenza, l’integrale annullamento dell’atto con cui si contesta il pagamento del tributo e l’irrogazione delle sanzioni.