La trasformazione digitale dei servizi e della società richiede nuove capacità e competenze, con programmi educativi, formativi e un trasferimento smart di conoscenza nei settori identificati come pilastri portanti della blue economy. L’Unione per il Mediterraneo (UpM) ha organizzato una conferenza online per analizzare le opportunità digitali in tema di acquacoltura e turismo nella regione del Mediterraneo, fornendo una panoramica attuale sullo stato dell’arte e le esigenze del settore della blue economy per la crescita economica, sostenibile e innovativa delle imprese mediterranee. L’evento è stato un’occasione per riunione diversi rappresentanti di agenzie governative, organizzazioni nazionali e regionali, PMI, imprese locali, start-up, università, decisori politici e consumatori del settore dell’economia blu e delle TIC con il fine di esplorare il potenziale della digitalizzazione nei settori dell’acquacoltura e del turismo marittimo analizzando l’importanza di sviluppare un focus sulle competenze digitali non più rinviabili.
Importante è ricordare che il 2 febbraio, i 42 Paesi membri dell’Unione per il Mediterraneo (UpM) hanno adottato la seconda Dichiarazione ministeriale dell’UpM sull’economia blu sostenibile, rinnovando il mandato e la visione politica per cooperare in sinergia e affrontare le importanti e future sfide comuni. Nell’ambito della promozione delle competenze, delle nuove forme occupazionali e dell’occupazione blu, i paesi hanno concordato di dare massima priorità all’istruzione, alla formazione professionale e alla capacità scientifica per ridurre il divario tra gli addetti ai lavori legati alla blue economy e le nuove esigenze in evoluzione dell’industria marittima.
Ai lavori hanno partecipato Alessandra Sensi, Head of Sector – Environment and Blue Economy UfM Secretariat, Andy Kontoudakis, Policy officer at the Directorate-General for Maritime Affairs and Fisheries DG MARE, Anne-Marie Sassen, Deputy Head of Unit DG CNECT e Claudia Delgado, IODE Training Coordinator & OceanTeacher Global Academy dell’UNESCO IOC. Estremamente interessante il panel dedicato al rapporto tra digitalizzazione e promozione dell’acquacoltura sostenibile che ha visto la partecipazione di Houssam Hamza, General Fisheries Commission for the Mediterranean – GFCM, Syrine Ismaili, Tunisian Maritime Cluster, Nikolaos P. Ventikos, National Technical University of Athens, Greece, Charlotte Dupont, BiOceanOr e Héctor Martín della Smalle Technologies SL. Ricordiamo che i progetti del 2020 e del 2021 dell’Unione europea, finanziati dal programma Horizon 2020, prevedono attività di digitalizzazione in tutti i cinque settori agroalimentari: seminativi, allevamento, verdure, frutta e acquacoltura. Interessante è recente progetto brevettato che prevede “un monitoraggio a sensori dello stato di salute dei molluschi in una regione, la valle di Comacchio, soggetta a temperature elevate che causano diminuzione di ossigeno, evaporazione e una salinità maggiore”.
Nel corso dell’iniziativa online, i relatori si sono confrontati sul tema dell’utilizzo delle tecnologie digitali per il miglioramento della sostenibilità dell’acquacoltura. Lo scenario internazionale in cui le imprese agroalimentari si trovano ad operare è, infatti, sempre più competitivo e sempre più condizionato dagli effetti prodotti dal cambiamento climatico. Analizzare e sviluppare efficacemente le potenzialità della tecnologia digitale appare non solo una opportunità ma anche una scelta da perseguire con attenzione. Per il 2030 l’acquacoltura fornirà quasi due terzi del consumo di prodotti ittici a livello mondiale, mentre la pesca da cattura si stabilizzerà e la domanda di un prodotto ittico di qualità aumenterà in modo considerevole. Liberare il potenziale dell’acquacoltura potrebbe avere benefici duraturi e positivi.
Utilizzare sistemi automatizzati innovativi in grado di promuovere una produzione maggiormente ecosostenibile, mitigando l’impatto ambientale su ecosistemi costali e riducendo i costi energetici e le emissioni di gas serra è l’enorme vantaggio dell’applicazione digitale all’acquacoltura. Attraverso le tecnologie dell’informazione e dell’Internet of Things è possibile controllare la qualità delle acque destinate all’acquacoltura e, contemporaneamente, gestire una serie di procedure operative certificando le condizioni ambientali durante l’intero processo produttivo e migliorando le condizioni di vita delle specie animali presenti negli impianti.
Interessante anche il panel dedicato al turismo coordinato da Michele Colavito, Senior project manager ed Expert in international cooperation. Hanno partecipato Alessandra Priante della World Tourism Organization, Claudia Guzzon, CPMR Intermediterranean Commission, Daniel
Asmar, dell’American University of Beirut e Odysseas Spyroplou del Surf Club Keros. “Investire sulla digitalizzazione delle competenze rappresenta uno degli strumenti più efficaci per rilanciare il turismo e per migliorare in maniera determinante il settore del turismo in tutto il Mediterraneo. In questo senso, la crisi determinata dalla pandemia deve essere considerata come una opportunità per migliorare un settore sicuramente molto vulnerabile ma che ha in sé tutte le potenzialità per contribuire alla crescita sociale ed economica dei paesi del Mediterraneo. La chiave è sviluppare ogni forma possibile di cooperazione tra istituzioni e operatori di settore con un coinvolgimento diretto di territori e società civile in un percorso virtuoso che possa fare tornare i livelli dei flussi turistici ai valori pre-pandemia”, ha dichiarato Michele Colavito, coordinatore del panel e project manager.
L’ottimizzazione, l’implementazione e lo sviluppo dei canali digitali e dell’e-commerce saranno fattori determinanti per il settore turistico italiano dopo l’emergenza sanitaria, mentre la digitalizzazione e l’automazione dei processi e delle operazioni contribuiranno ad aumentare la sicurezza riducendo i costi delle aziende. Sono numerosi gli ambiti nei quali la tecnologia digitale contribuirà a creare esperienze turistiche più sicure, competitive e sostenibili in tutto il Mediterraneo per guidare la ripresa dell’intero settore. Nello scenario più ottimistico, che prevede una ripresa dell’attività nei mesi estivi dell’anno 2021, l’Organizzazione Mondiale del Turismo stima un calo globale del 58% nel settore. L’effetto sarà ancora più drammatico in Paesi come l’Italia, dove il settore rappresenta più del 13% del PIL e dà lavoro a un cittadino su sette.