Gli aiuti di Stato alle imprese legati all’emergenza Covid-19 potrebbero essere soggetti a un corto circuito per abuso nel loro utilizzo che costringerebbe non solo il Governo al blocco dell’erogazione dei fondi, ma anche le stesse aziende beneficiarie a recuperi forzosi di risorse percepite illecitamente. L’allarme, lanciato in prima istanza dalla rivista Italia Oggi, viene confermato da una nota del Dipartimento politiche europee della Presidenza del consiglio dei ministri.
La questione riguarda i fondi erogati a seguito del primo lockdown, senza la preventiva notifica alla commissione europea da parte del governo italiano e la successiva approvazione dell’esecutivo UE: procedure che avrebbero messo le aziende al riparo da azioni di recupero per aiuti illecitamente percepiti, vista l’autorizzazione arrivata direttamente da Bruxelles.
Invece il Governo italiano ha erogato questi aiuti nel quadro del Temporary framework sugli aiuti di stato, approvato dalla Commissione Europea per l’emergenza Covid-19. Questo accordo, in breve, consente l’erogazione senza dover ricorrere alla preventiva notifica alla commissione, ma prevede anche massimali di aiuto per singola impresa (800 mila euro per impresa o industria e 100 mila euro per le attività agricole), superati i quali scatta il blocco delle erogazioni o, nel peggiore dei casi, il recupero.
Secondo il Dipartimento politiche europee PDCM, la situazione sarebbe sotto controllo, con la circolare che precisa quanto segue: “Le verifiche sul rispetto delle soglie e del cumulo devono essere effettuate rispetto non alla singola impresa, ma rispetto al concetto di singola unità economica, anche nel caso in cui un’unità economica ricomprenda diverse entità giuridiche“. Le verifiche, dunque, ci sono, e potrebbero coinvolgere non soltanto una singola impresa, ma l’intero gruppo aziendale al quale essa appartiene.
La notizia incoraggiante arriva dal fatto che il 13 ottobre scorso la Commissione Europea ha esteso fino al 30 giugno 2021 il Temporary framework sugli aiuti di stato, che doveva scadere a fine 2020, introducendo un nuovo punto che prevede il superamento dei limiti di 100 mila e 800 mila euro: gli Stati membri, in pratica, possono sostenere le imprese che subiscono un calo di fatturato di almeno il 30% rispetto allo stesso periodo del 2019, a causa della pandemia, per la copertura di una parte dei costi fissi dei beneficiari che non sono coperti dalle loro entrate, fino a un importo massimo di 3 milioni di euro per impresa: l’intensità massima di aiuto è del 70% dei costi fissi non coperti (90% per le piccole e micro imprese).
La stretta sembra dunque allentata, ma nasconde condizioni molto stringenti – come evidenzia sempre Italia Oggi. La traduzione di queste nuove disposizioni è che a salvarsi dal recupero delle risorse erogate in eccesso sarebbero soltanto le aziende praticamente fallite.
Ma il Dipartimento politiche europee torna a minimizzare: “Non sussiste alcun pericolo che alcune imprese italiane debbano restituire parte delle agevolazioni e dei sussidi ricevuti quest’anno in quanto potrebbero essere considerati dalla Commissione come eccedenti i limiti previsti dal Quadro temporaneo sugli aiuti di stato. La commissione europea ha aperto uno spazio importante per la copertura dei sussidi alle imprese nel corso del 2020 e ha più volte confermato la sua forte determinazione in questo senso. Sono in corso interlocuzioni tra Roma e Bruxelles per la corretta interpretazione della complessa normativa in materia, ma l’eventualità paventata della restituzione può essere esclusa fin d’ora“. Parole che, da parte di Imprese del Sud, resteranno scolpite nella pietra.