La Commissione Europea ha confermato l’introduzione di un’imposta europea sul digitale (web tax) entro il 2023. La misura sarà permanente e andrà a finanziare il bilancio europeo, senza collegarsi alle norme fiscali per le società attualmente in corso di negoziazione in sede G20/Ocse.
Si attende ora, sempre a livello europeo, la proposta legislativa, attesa entro il mese di Luglio, dopo una fase di consultazione aperta lo scorso 15 Gennaio.
La nuova iniziativa della Commissione arriva dopo che nel 2018 la proposta di una web tax unilaterale era stata affossata dal Consiglio UE, e sostituita da numerose iniziative unilaterali dei paesi Ue come Francia, Spagna, Italia (al momento solo nelle intenzioni dopo un nuovo rinvio approvato dal Mef) e altri paesi.
Ma i colossi del web stanno già prendendo le contromisure. Google, in particolare, ha annunciato ai clienti francesi e spagnoli di Ads, il proprio servizio di pubblicità digitale, che dovranno prendersi carico di costi aggiuntivi del servizio pari al 2% “corrispondente ai costi operativi regolatori che si applicano nel Paese”. Il gigante tecnologico ha deciso di bilanciare così le tasse statali sui propri servizi, pari al 3% in entrambi i Paesi.
Ecco allora che la web tax, anziché colpire i big del digitale, si riverserà sui costi delle imprese che utilizzano un servizio fornito in un regime di sostanziale monopolio. Oltre che in Spagna e in Francia, il sovrapprezzo è in vigore anche nel Regno Unito (al 2%), in Austria e in Turchia (5%).
Si teme dunque che anche i clienti italiani di Google possano aspettarsi un simile ricarico sui costi dei servizi. Ma un successivo rimando alla digital tax europea potrebbe portare una svolta, dando più forza ai singoli Stati membri e mettendo i colossi alla stretta finale.