Un nuovo sgambetto alle imprese è arrivato da quello che viene definito “il Governo dei migliori”. Come riporta ItaliaOggi, una disposizione contenuta nell’articolo 3-bis del dl n.146/2021 prevede forti limitazioni, per non dire esclusioni, per l’impugnativa del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata.
Con questa limitazione, l’iscrizione a ruolo crea pregiudizi che possono mettere in difficoltà il contribuente, impedendo ad esempio la partecipazione ad una gara di appalto o il rinnovo di un contratto con un ente della pubblica amministrazione.
Le tempistiche del contenzioso non lasciano altre strade che quella di pagare, integralmente o a rate, gli importi iscritti a ruolo per poter eliminare rapidamente il pregiudizio e rimettersi in regola dal punto di vista fiscale. Questo anche se nel caso si preveda che l’impugnazione possa andare a buon fine, e l’atto essere annullato.
Si tratta quindi di uno sgarbo alle imprese, attraverso il quale il Governo si assicura la disposizione di liquidità, anche nei casi in cui questa non sarebbe dovuta.
E i primi effetti di questa assurda norma arriva dalle commissioni tributarie provinciali, che in alcuni casi hanno dato applicazione retroattiva alla nuova regola.
Nelle sentenze pronunciate dalla C.t.p. di Latina n.53/2022, il giudice tributario ritiene che “in sede di prima analisi, la norma pare costruita su uno scrutinio del principio dell’ “interesse ad agire”, ex articolo 100 c.p.c., di cui il legislatore, con presunzione iuris et de jure, presume l’inesistenza in caso di impugnazione dell’estratto di ruolo. In questo senso, vengono limitate anche le ipotesi di eccezioni nei confronti dei ruoli e delle cartelle di pagamento che si assumono invalidamente notificate”.
La C.t.p. di Catania n.357/12/2022 stabilisce invece che “invero la ratio della suddetta norma altro non è che una specificazione dell’interessa ad agire” concludendo che “anche i ricorsi tributari notificati prima della novellata norma vanno dichiarati inammissibili in forza del principio consolidato in giurisprudenza secondo il quale l’interesse ad agire in giudizio deve sussistere non solo alla proposizione della domanda, ma anche al momento della decisione.”