Non proprio un buon periodo per i commercialisti: oltre alle numerose scadenze estive arriva una pronuncia della Cassazione che li riguarda. La sentenza n. 24967/15 pubblicata dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione pubblicata il 16 giugno 2015 ha dichiarato che è legittimo il sequestro dei beni personali del commercialista che cura la contabilità del contribuente accusato per dichiarazione infedele.
Questa pronuncia della Cassazione, che mette i commercialisti nell’occhio del ciclone, respinge il ricorso presentato da un professionista il quale è stato colpito da un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca “per equivalente”, a titolo di concorso nel reato di dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. n. 74/2000).
Secondo l’accusa il commercialista aveva partecipato, nella veste di istigatore, all’illecito essendo egli il depositario delle scritture contabili dell’impresa e incaricato della redazione e trasmissione dei redditi e avendo prestato la propria opera in continuativa difformità rispetto ai suoi doveri professionali, peraltro omettendo ogni adempimento utile per ripristinare la legalità, pur avendo continuato per lungo tempo ad assistere professionalmente il suo cliente (indagato principale).
La Suprema Corte osserva inoltre che il concorso di persone nel reato implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e il sequestro non è collegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito.
Pertanto la misura reale può incidere contemporaneamente o indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti, fermo restando che il valore dei beni sequestrati non può complessivamente eccedere il valore del “prezzo” o del “profitto” del reato, in quanto il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca.
La stessa Corte ha infine dato nuovo vigore all’indirizzo secondo cui, “in tema di misure cautelari reali, è immediatamente esecutivo il provvedimento emesso a norma dell’art. 322 – bis cod. proc. pen. dal tribunale del riesame che, in accoglimento dell’appello del P.M., abbia disposto il sequestro preventivo negato dal Gip, in quanto non opera in tale settore la diversa previsione relativa alle misure cautelari personali che ne differisce l’efficacia alla definitività del provvedimento”.
Ora sarà compito della politica e del legislatore, definire i limiti di tale interpretazione, che nello scenario “burocratico” attuale potrebbe seriamente mettere in ginocchio la categoria.
Intanto gli Ordini Professionali tacciono…..