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L’esclusione dalle gare pubbliche, ritorna per i concorrenti in lite con il fisco.

Il provvedimento di esclusione fu ritenuto già incostituzionale dalla Consulta, per contrasto con la Carta Costituzionale.

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L’esclusione dagli appalti pubblici per contestazioni incorso con il fisclo, non definitivamente accertate è l’effetto delle disposizioni previste nel decreto del ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, del 28 settembre scorso (pubblicato in GU n.239 del 12/10/2022).

Sarà, quindi, di nuovo possibile escludere da un bando gara l’impresa che ha contestazioni in corso con il fisco anche se non definitivamente accertate. Per evitarlo le imprese che vogliono partecipare alle procedure pubbliche di affidamento, saranno obbligate a pagare quanto richiesto dal fisco, anche se la richiesta fiscale non è dovuto e poi attivarsi per chiederne il rimborso anche in sede giurisdizionale.

Come riporta anche il quotidiano economico Italia Oggi, il decreto in argomento, in attuazione del codice dei contratti pubblici, all’articolo 1 prevede l’eventualità dell’esclusione dalla partecipazione a una procedura d’appalto degli operatori economici che “..hanno commesso gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale”.

Questa definizione è, di fatto, contrastante e paradossale. Come si può affermare che tali soggetti hanno commesso gravi violazioni fiscali se le stesse sono, allo stesso tempo, non definitivamente accertate?

Questo nuovo provvedimento fu ritenuto, già incostituzionale per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Carta Costituzione dalla Consulta, con la sentenza 21/61.

Non vi è dubbio che nella quotidiana attività di contenzioso, sono molte le contestazioni degli uffici delle Entrate che vengono successivamente annullate in autotutela o a seguito di sentenze della giustizia tributaria.

La prova che anche l’amministrazione finanziaria commette errori e richiede somme ai contribuenti che in realtà, ad un più attento esame, si svelano non dovute.

In base agli ultimi dati disponibili (relazione Corte di Conti) si scopre che ogni anno, il numero degli atti emessi dall’Agenzia delle entrate che vengono poi annullati in autotutela è pari al 15% circa del totale.

Inoltre, va rilevato che nelle Commissioni Tributarie Provinciali di primo grado CTP la percentuale di vittoria in contenzioso da parte dell’agenzia delle entrate arriva a malapena al 45% ossia questo significa che nella maggior parte dei casi l’esito della controversia vede vittorioso, il contribuente, in giudizio di primo grado.

La situazione non cambia, nelle Commissioni Tributarie Regionali, dove la percentuale dal 46% scende al 44% per un valore complessivo di 1.632,37 milioni di euro. I giudizi positivi a favore del contribuente salgono al 36% mentre quelli intermedi rappresentano circa l’9%, per un valore complessivo di 328,11 milioni di euro.

Fatta questa premessa, l’articolo 2 del decreto, circoscrive quali siano le violazioni rilevanti ai fini della possibile esclusione da una gara d’appalto.

Si tratta della notifica di atti impositivi, conseguenti alle attività di controllo e di accertamento dell’Agenzia delle Entrate e delle cartelle di pagamento notificate dall’ente di riscossione, aventi ad oggetto pretese tributarie emesse a seguito del controllo automatizzato o formale della dichiarazione dei redditi o dell’iva.

Queste violazioni si trasformano in “gravi” e quindi rilevanti ai fini dell’esclusione quando contengono “… l’inottemperanza ad un obbligo di pagamento di imposte o tasse per un importo che, con esclusione di sanzioni e interessi, è pari o superiore al 10% del valore dell’appalto”.

In ogni caso, leggendo l’art. 3 del decreto in questione, si scopre che “..l’importo della violazione non deve essere inferiore a 35.000 euro”. Il successivo articolo 4 , dispone che la sopraindicata grave violazione, si considera non definitivamente accertata, quando siano decorsi inutilmente i termini per adempiere all’obbligo di pagamento e l’atto impositivo o la cartella di pagamento, siano stati tempestivamente impugnati.

Per poter verificare l’inadempienza, sarà verificata dalla stazione appaltante attingendo le informazioni richiedendo all’ufficio delle entrate territorialmente competente, un controllo sulle dichiarazioni sostitutive rilasciate dall’operatore economico partecipante alla gara, in relazione alle sue eventuali “pendenze” con il fisco.

Ne deriva, dall’analisi completa del Decreto che, d’ora in poi, gli operatori economici che hanno ricevuto un accertamento fiscale non potranno fare altro che procedere al pagamento dello stesso (almeno degli importi dei tributi richiesti) e poi, nel caso in cui dovessero avere ragione, in tutto o in part, potranno attivarsi per ottenere la giusta tutela in via amministrativa o giudiziaria.

Un ulteriore peso, sulle spalle del sistema imprenditoriale, che in questo momento di crisi economica, è costretto a sobbarcarsi, a causa di una visione giustizialista del rapporto con il fisco, da parte di alcuni politici e burocrati di stato.

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