“Minaccia reale di una pandemia causata da un patogeno respiratorio altamente letale“: questo l’allarme passato inosservato che gli esperti e gli scienziati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Banca Mondiale avevano lanciato già a settembre 2019 con uno specifico rapporto. Lo scenario previsto oggi è reale con l’emergenza sanitaria da coronavirus, anche se (si spera) con conseguenze possibilmente meno catastrofiche di quelle configurate: 80 milioni di vittime in tutto il mondo e una perdita del 5% della ricchezza globale.
Di fronte a queste anticipazioni divulgate da organismi internazionali universalmente riconosciuti e accreditati, l’Europa non si è fatta trovare pronta nella semplice applicazione di misure già predisposte per fronteggiare questa eventualità.
Perché, nonostante l’egoismo degli Stati che oggi va emergendo erodendo la fiducia nell’Europa unita dei suoi cittadini, la Commissione Europea in realtà aveva già da tempo elaborato strategie di azione. Nello specifico, due piani distinti ma complementari per aiutare a preparare l’Unione e i suoi Stati membri a contrastare le grandi emergenze sanitarie transfrontaliere e l’emergere di pandemie mondiali come quella che stiamo vivendo.
Il primo è un documento volto a rafforzare la preparazione dell’Europa per una risposta coordinata a un’emergenza sanitaria generica, come i focolai di Sars e gli attacchi all’antrace avvenuti negli Stati Uniti.
Il secondo documento, quello sulla preparazione alla pandemia influenzale, applica invece l’approccio già delineato nel documento generico e aggiorna il piano della Commissione redatto a marzo del 2004 con l’obiettivo di aiutare gli Stati membri a sviluppare piani di preparazione, descrivendone le componenti essenziali e incoraggiando un approccio più coordinato possibile. Il documento descrive una risposta coordinata a livello europeo per ogni fase di un’influenza pandemica, così come viene descritta dall’Oms, e identifica i compiti e le responsabilità degli Stati membri, della Commissione e delle agenzie europee. Gli Stati membri – nelle buone intenzioni alle origini – avrebbero dovuto trasmettere le informazioni raccolte, consultarsi e coordinarsi attraverso il Sistema europeo di allarme e risposta, adottare misure come il dispiegamento di farmaci antivirali e lo sviluppo di vaccini, così come di altri sistemi di risposta medica e fornire un’informazione costante e coerente per il pubblico. Cosa stiamo vedendo oggi di tutto questo? Nulla.
I vari protagonisti della comunità europea non si sono fatti trovare pronti ad un piano di contenimento dell’emergenza sanitaria, al rafforzamento della terapia intensiva per colmare le carenze esistenti nella ventilazione meccanica insufficiente, alla realizzazione di protocolli unici a livello internazionale ed europeo. Nulla è andato come sarebbe dovuto andare. La comunità internazionale appare confusa e i protagonisti europei non hanno lavorato, ne stanno lavorando oggi, ad una visione comune dell’emergenza. Molti egoismi nazionali e innumerevoli visioni da ragion di stato prevalgono in vari contesti nazionali.
Altro capitolo è quello legato alle conseguenze per l’economia e le imprese. Le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato consentono inoltre agli Stati membri di intraprendere azioni rapide ed efficaci in sostegno dei cittadini e delle imprese, in particolare le PMI, che stanno incontrando difficoltà economiche dovute allo scoppio della pandemia mondiale. Gli Stati membri possono elaborare e sviluppare ampie misure di sostegno in linea con le vigenti norme dell’UE.
In teoria si possono già adottare misure, come sussidi salariali, sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società e sul valore aggiunto e contributi sociali. Inoltre, gli Stati membri possono concedere un sostegno finanziario direttamente ai consumatori, ad esempio per servizi cancellati o i biglietti che non sono stati rimborsati dai vari operatori turistici e agenzie di viaggio.
Un messaggio chiave evidenziato dai vari documenti elaborati, è il bisogno di estendere la pianificazione di emergenza al di là del settore sanitario, in modo da includere settori come la protezione civile, i trasporti, la comunicazione, i servizi d’emergenza, gli investimenti in ricerca e laboratori e l’incremento delle relazioni internazionali. Le strategie europee sono limpide e dettagliate, purtroppo l’egoismo nazionale degli stessi stati che compongono l’Europa non hanno permesso l’emergere di tali meccanismi di cooperazione e oggi l’Europa appare disunita e la cooperazione tra i vari stati membri non esistente.
Approfondimento a cura di:
Sergio Passariello
Domenico Letizia
Giovanni Guarise