È quanto emerge dalla sentenza che la Corte di giustizia UE ha pronunciato il 10 luglio 2019. La causa era promossa da un rinvio pregiudiziale dei giudici della Lettonia per una controversia nata dal diniego della detrazione dell’Iva relativa ad un acquisto di beni che si inseriva in una serie di operazioni «a catena», in parte intracomunitarie, prive però di connotazioni fraudolente.
In prima istanza l’amministrazione finanziaria lettone aveva negato la detrazione, parlando di una catena artificiosa e dell’esistenza di una pratica abusiva per l’assenza di una spiegazione logica all’intervento di soggetti intermediari nelle operazioni, ma senza determinare il presunto vantaggio ottenuto indebitamente da una delle parti.
La misura, soggetta a ricorso, era stata valutata dai giudici lettoni e rimandata alla Corte europea per chiedere di fare luce in merito all’interpretazione dell’articolo 168 della direttiva Iva.
La richiesta, in sostanza, era la seguente: è possibile negare una detrazione per abuso di diritto per il solo fatto che un acquisto dei beni si colloca al termine di una catena di vendite che si succedono tra varie persone, con la consegna all’acquirente da un soggetto facente parte di tale catena, ma diverso dal fornitore indicato nella fattura? Oppure serve dimostrare quale sia l’indebito vantaggio fiscale di cui avrebbero beneficiato i soggetti coinvolti?
Secondo i giudici europei, la detrazione non può essere rifiutata soltanto perché, in una serie di cessioni concatenate, l’acquirente ha ricevuto la fattura da un soggetto diverso da quello presso il quale ha prelevato i beni, essendo tale circostanza, di per sé, perfettamente giustificabile per vari motivi.
Se in una catena di operazioni, quindi, l’acquirente entra fisicamente in possesso dei beni prelevandoli nel deposito di un soggetto diverso da quello che risulta essere indicato come fornitore nella fattura, non è ammessa una differente qualificazione dell’operazione. E una detrazione non può essere negata, non essendoci alcun elemento di prova dell’esistenza di un abuso.