Nella giornata dell’8 aprile, il Decreto Liquidità ha liberato 200 miliardi di euro per sostenere l’export italiano, grazie a un sistema di co-assicurazione con SACE. Anticipazioni importanti di quelle che sembrano essere le opportunità per le imprese interessate all’export e all’internazionalizzazione del proprio mercato.
Il decreto ha l’obiettivo di porre immediatamente in campo misure per sostenere adeguatamente l’accesso al credito da parte di tutte le imprese. Risorse che serviranno a tenere in piedi le aziende, tutelare l’export e l’internazionalizzazione, e promuovere gli investimenti. Dei 400 miliardi di euro che saranno liberati grazie al sistema di garanzie assicurate dal Ministero dell’economia (MEF), dal Fondo centrale di garanzia e da SACE, 200 miliardi riguardano l’internazionalizzazione. In particolare l’intervento messo a punto prevede un sistema di co-assicurazione in base al quale gli impegni derivanti dall’attività assicurativa di SACE sono assunti al 90% dallo stato e al 10% da SACE stessa. L’obiettivo è quello di permettere a SACE di rispondere alla crescente domanda di assicurare operazioni ritenute di interesse strategico per l’economia nazionale, che altrimenti non avrebbe potuto coprire per mancanza di capacità finanziaria.
Va ribadito che quando le garanzie e le coperture assicurative possono determinare elevati rischi di concentrazione verso singole controparti, gruppi di controparti connesse o paesi di destinazione, rispetto al portafoglio complessivamente assicurato da SACE e dal MEF, il loro rilascio deve essere preventivamente autorizzato dal Ministero. Infine, il decreto prevede anche l’istituzione di un “Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione” composto da rappresentanti del MEF, della Farnesina, del MISE, del MIPAAF e della Difesa. Compito del Comitato è quello di deliberare il piano annuale di attività che definisce l’ammontare del progettato di operazioni da assicurare, suddivise per aree geografiche e macro-settori, evidenziando l’importo delle operazioni da sottoporre all’autorizzazione preventiva del MEF, nonché il sistema dei limiti di rischio.
Per quanto riguarda uno dei settori contemporaneamente più importanti e a rischio in Italia, quello della lavorazione dell’acciaio, ricordiamo che il 2019 aveva visto l’emergere di dati negativi che l’attuale crisi finirà per incrementare. Nel 2019 le esportazioni di prodotti siderurgici dei primi 20 poli italiani della produzione di acciaio, tubi e altri prodotti della prima trasformazione dell’acciaio sono diminuite del 3,7%, passando da 18,7 a 18,0 miliardi di euro. Tale variazione è dovuta sia alla riduzione dei prezzi (-2,4%) sia alle vendite all’estero in quantità (-1,3%). Variazioni negative molto più alte della media sono state registrate dai poli di Alessandria (-35,9%) e Genova (-35,4%). Variazioni significativamente superiori alla media si sono riscontrate per i poli di Udine (-10,2%), Brescia (-7,8%), Lecco (-8,8%), Aosta (-7,5%), Como (-6,9), Cremona e Reggio Emilia (-5,5%). Di contro i poli con variazioni positive delle esportazioni rispetto al 2018 sono: Ravenna (+38,6%), Taranto (+27,9%), Verona (8,5%), Torino (7,1%), Vicenza (+4,1%) e Bergamo (+3,7%).
Con la messa in quarantena di decine di milioni di persone sono rallentate tutte le attività interne, inchiodando anzitutto alcuni mercati di consumo. Come le vendite di auto, ad esempio, praticamente azzerate. Le istituzioni economiche con tali manovre provano a rilanciare l’economia e l’internazionalizzazione delle nostre imprese e dei settori chiave dell’industria italiana.