Il recente scenario di fiscalità internazionale italiano, ha subito una trasformazione significativa con l’introduzione del Decreto Legislativo n. 209/2023, emanato in risposta alla direttiva 2022/Ue/2523. Questa evoluzione legislativa rappresenta un passo decisivo nell’ambito della riforma fiscale globale italiana, incidendo particolarmente sulle normative che regolano le società controllate estere. In questo articolo, esploreremo, in maniera dettagliata le nuove disposizioni legislative ed analizzeremo il loro impatto sulla fiscalità delle controllate estere.
Queste modifiche normative sono frutto dell’impegno della fiscalità internazionale, guidato dal G20 e dall’OCSE, di introdurre un sistema di imposizione minima globale per le grandi imprese multinazionali. L’obiettivo principale di questa riforma è quello di limitare le pratiche di elusione fiscale e di promuovere una distribuzione più equa del carico fiscale a livello globale.
Il contesto normativo della fiscalità internazionale
L’introduzione del Decreto Legislativo n. 209/2023 in Italia rappresenta un crocevia fondamentale nella storia della fiscalità internazionale italiana, segnando una svolta significativa nelle politiche fiscali. Questo decreto, emanato come risposta diretta alla direttiva 2022/Ue/2523, è parte integrante di un’iniziativa più ampia promossa dal G20 e dall’OCSE per riformare il sistema fiscale internazionale. Come spiegato in premessa, l’essenza di questa riforma è incarnata nell’introduzione di un sistema di imposizione minima globale, finalizzato a garantire che le grandi imprese multinazionali contribuiscano in maniera equa ai sistemi fiscali dei paesi in cui operano.
La direttiva mira a stabilire un livello impositivo minimo del 15% sui redditi prodotti dalle multinazionali in ogni paese, una mossa progettata per contrastare la pratica diffusa di elusione fiscale e per ridurre il fenomeno della concorrenza fiscale al ribasso tra i paesi. L’obiettivo di questa politica è duplice: da un lato, si intende garantire che le multinazionali paghino una quota di imposte equa e adeguata, indipendentemente dalla loro localizzazione geografica; dall’altro, si vuole promuovere una maggiore trasparenza e una più stretta collaborazione fiscale tra le nazioni.
Questo contesto normativo segna un passaggio fondamentale verso una maggiore giustizia fiscale a livello globale, ponendo nuove sfide per le imprese multinazionali. La riforma implica un cambiamento radicale nella gestione fiscale delle società, richiedendo un aggiornamento delle strategie e delle strutture fiscali esistenti. Inoltre, l’introduzione di questa normativa rappresenta un segnale chiaro della volontà internazionale di agire in modo concertato contro l’elusione fiscale e di stabilire regole fiscali più eque e bilanciate a livello mondiale.
Implicazioni per le società controllate estere
La nuova disposizione legislativa ha portato con sé significative implicazioni per le società controllate estere operanti in Italia e oltre. Questa nuova normativa, introduce un quadro regolatorio rinnovato che mira a regolare in maniera più efficace la fiscalità delle multinazionali e delle loro controllate estere.
Uno degli aspetti più rilevanti di questa normativa è la sua influenza sulle regole di fiscalità internazionale, specialmente per quanto riguarda il regime delle Controlled Foreign Companies (CFC). Il decreto legislativo ridefinisce e aggiorna i criteri per la determinazione dell’imponibile tassabile in Italia, mirando a una semplificazione e razionalizzazione delle regole esistenti. In particolare, si assiste a un coordinamento tra la regolamentazione CFC e le nuove disposizioni riguardanti l’imposizione minima globale. Questa sinergia tra le normative ha l’obiettivo di assicurare che le società controllate estere contribuiscano equamente al sistema fiscale, in linea con la nuova direttiva europea.
Il decreto delegato adottato dal governo si pone l’obiettivo di adeguare le disposizioni nazionali in materia fiscale all’innovativo concetto di tassazione minima globale. Questo processo di adeguamento prevede una revisione dei criteri per la determinazione del reddito imponibile delle società controllate non residenti, al fine di semplificare e rendere più efficiente l’applicazione della normativa Cfc e di allinearla agli standard previsti dalla nuova tassazione globale minima.
La riforma, che sarà applicabile a partire dal periodo d’imposta successivo alla sua approvazione, segna un passo importante nella lotta contro l’elusione fiscale a livello internazionale. Infatti, fino all’adozione di questa normativa, l’articolo 167 del Tuir prevedeva che i redditi di una società controllata non residente situata in un Paese con un regime fiscale privilegiato fossero attribuiti al controllore residente, a prescindere dalla loro effettiva distribuzione, qualora oltre un terzo di tali redditi derivasse da passive income.
Inoltre, le modifiche introdotte puntano a rendere più stringenti i criteri per l’applicazione della Cfc rule. In particolare, viene modificata la soglia di tassazione effettiva che determina l’applicabilità del regime Cfc, portandola al 15%. Ciò significa che se la società controllata non residente è soggetta a una tassazione inferiore a tale percentuale, le disposizioni relative alla Cfc trovano applicazione.
Questa innovazione normativa rappresenta un passo avanti nel tentativo di garantire che le imprese multinazionali contribuiscano in maniera equa al sistema fiscale dei Paesi in cui operano. L’adozione di un approccio basato sulla tassazione effettiva, calcolata mediante un rapporto tra le imposte dovute e l’utile ante imposte, mira a una maggiore trasparenza e a una lotta più efficace contro l’elusione fiscale.
Inoltre, la nuova normativa prevede che i bilanci delle società controllate non residenti siano sottoposti a revisione e certificazione da parte di professionisti autorizzati, al fine di garantire la correttezza e l’affidabilità delle informazioni utilizzate per l’applicazione della Cfc rule.
Con queste modifiche, l’Italia si allinea agli standard internazionali nel campo della fiscalità delle società multinazionali, contribuendo così a creare un ambiente fiscale più giusto e sostenibile a livello globale. La riforma segna un importante passo avanti nella direzione di una maggiore equità fiscale e di un sistema tributario internazionale più robusto e coordinato.