Una recente analisi dell’EDC, agenzia canadese per l’export, stima che ad oggi il Paese nordamericano registra un ammontare complessivo di volume di esportazioni inferiore di quasi 40 miliardi di dollari annui rispetto al suo potenziale, e che lo stesso commercio verso i mercati stranieri potrebbe quadruplicare nei prossimi 30 anni.
Il rapporto, analizzato dalla Canadian Chamber in Italy, punto di riferimento per le aziende canadesi in Italia, parla di una perdita “potenziale” annua pari a 48,6 miliardi di dollari canadesi, che corrispondono a 39 miliardi di dollari americani e al 9% del totale dell’export registrato nel 2019, preso in considerazione in quanto ultimo anno esente dalle influenze negative dell’emergenza Covid.
Gli analisti canadesi si chiedono pertanto come poter colmare il divario tra potenziale e reale. Una risposta arriva dallo spostamento degli obiettivi oltre quelli che sono i mercati di sbocco più tradizionali, e avvicinarsi a nuove realtà.
Non aiuta di certo il fatto che molti di questi nuovi mercati, in rapido sviluppo, siano molto lontani dai confini canadesi, e che il Canada è sostanzialmente un paese geograficamente piuttosto isolato, in quanto confinante con gli soli Stati Uniti d’America.
Ma uno degli aspetti più sorprendenti dell’analisi è che le maggiori “sottoperformance” sono oggi legate ai più grandi mercati di esportazione del Canada, luoghi dove tendenzialmente si pensa il Paese possa vantare un vantaggio naturale e una tradizione favorevole dal punto di vista degli scambi commerciali.
L’EDC afferma infatti che be due terzi di questo deficit di esportazione è verso gli Stati Uniti, il più grande partner commerciale, nonostante una relazione profondamente radicata e accordi di lunga data che hanno integrato in maniera significativa le due grandi economie del Nord America.
Con la Cina, il secondo più grande partner commerciale, il Canada sta invece lasciando sul tavolo circa 5 miliardi di dollari all’anno – pari a quasi il 30 per cento dell’export totale registrato nel 2019. Proprio con quella Cina sulla quale si riponevano le speranze per far crescere notevolmente l’export, superando la dipendenza dagli USA, ma che ha visto gli scambi tra i due Paesi penalizzati dai rapporti difficili tra i rispettivi governi e dalla volontà dei cinesi di utilizzare il commercio come arma per le relazioni diplomatiche.
L’export canadese tende quindi a “sottoperformare” nei paesi in cui ci sono
vantaggi commerciali: qui – sostiene il rapporto – il Canada potrebbe e dovrebbe fare ancora di più per migliorare le sue prestazioni di esportazione.
Il rapporto fa poi riferimento, come contromossa, all’idea di girare lo sguardo verso altri mercati grandi e in forte crescita, dove il Canada potrebbe alzare il tiro nei prossimi anni. Uno di questi è rappresentato dall’Unione Europea, dove gli scambi sono stati rafforzati negli ultimi anni dall’accordo di libero scambio CETA, e l’altro è l’Asia, le cui porte sono state aperte dal CPTPP.
Il rapporto cita poi le esportazioni verso India e Brasile, in particolare, come ben al di sotto di dove potrebbero e probabilmente dovrebbero essere.
Affinché il Canada recuperi una parte significativa del suo potenziale di esportazione
nei prossimi decenni, serve quindi ridurre la dipendenza da alcuni grandi mercati e fare migliori incursioni nelle economie emergenti che offrono più spazio per crescere e diversificarsi.
Serve inoltre – secondo le analisi – continuare a correre veloci lungo la strada dell’innovazione e della tecnologia, per colmare il gap ancora esistente con alcune grandi economie e superare la visione tradizionale che vede il Canada come grande esportatore di materie prime.