Durante i lavori della COP25 di Madrid, il Consiglio Artico ha organizzato un evento collaterale dedicato alle nuove problematiche derivanti dall’inquinamento dell’Oceano Artico. Il Focus prioritario è stato “affrontare l’acidificazione dell’oceano polare“.
La centralità di nuove politiche ecologiche e le nuove proposte lanciate della blue economy per le nostra crescita globale pone al centro dell’attenzione internazionale il tema delle acque, della ricchezza del mare e della fragilità dell’ecosistema artico, che risulta sempre più in pericolo. Per sopravvivere necessitiamo dell’Artico e del più grande serbatoio d’acqua al mondo.
L’evento collaterale è stato introdotto dalla Presidenza islandese, organizzato con la collaborazione del Gruppo di lavoro del Programma di Monitoraggio e Valutazione dell’Artico del Consiglio (AMAP). I lavori hanno riunito i principali esperti internazionali di acidificazione e inquinamento degli oceani per un intenso approfondimento sull’impatto ecologico, biologico, chimico e socio economico delle acque acide del Nord e come affrontare la tematica per la risoluzione del problema.
Il Ministro dell’Ambiente dell’Islanda , Guðmundur Ingi Guðbrandsson, ha dato avvio ai lavori evidenziando l’importanza dell’acqua, dell’Oceano e di tale ecosistema per il suo paese, chiedendo di intraprendere iniziative forti di tutela e salvaguardia. “L’Islanda affronta molto seriamente i problemi del cambiamento climatico e i mutamenti dell’ambiente marino. La pesca è uno dei pilastri principali dell’economia islandese. Qualsiasi minaccia all’ecosistema marittimo è una preoccupazione per la società islandese“, ha dichiarato durante l’intervento di apertura dei lavori.
L’acidificazione delle acque dell’Oceano Artico va diffondendosi rapidamente, suscitando l’attenzione da parte del Consiglio Artico che tenta di richiamare la comunità internazionale sulla tematica e denunciando le conseguenze globali di tale fenomeno.
“Per la valutazione dello stato di acidificazione dell’oceano artico abbiamo sviluppato cinque case study regionali, scoprendo che gli effetti e gli impatti sulle comunità variano in tutto l’Artico. La potenziale riduzione del raccolto sostenibile degli stock di merluzzo bianco del Mare di Barents entro la fine del secolo non è solo un problema locale, ma una preoccupazione planetaria, che deve essere affrontata urgentemente“, ha affermato, durante i lavori della COP25, Rolf Rødven, segretario esecutivo dell’AMAP.
Le analisi e il monitoraggio delle acque artiche effettuati dal gruppo di lavoro di AMAP sono state recentemente supportate dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) che condivide le preoccupazioni del Consiglio Artico.
L’oceano ha assorbito circa un quarto dell’anidride carbonica emessa dalla combustione dei combustibili fossili di tutto il nostro globo.
“L’acidificazione degli oceani sta diminuendo la capacità degli oceani di assorbire l’anidride carbonica presente nell’aria. Un continuo avanzare del fenomeno dell’acidificazione oceanica contribuirà ulteriormente alla già compromessa capacità di assorbimento dell’anidride carbonica, generando un ulteriore riscaldamento delle temperature sul Pianeta“, ha illustrato il professore dell’Università della Cina Orientale e dell’Istituto norvegese sulla ricerca dell’acqua, Richard Bellerby.
In una società fortemente legata alla biodiversità marina, l’acidificazione degli oceani altera non solo la chimica delle acque, ma anche i mezzi di sussistenza, le prospettive di pesca e acquacoltura, le culture e le identità dei numerosi protagonisti della regione artica.
Tali cambiamenti, già ampiamente documentati e con il continuo lavoro di ricerca scientifica ancora in atto, sono sempre più preoccupanti e gravi. Il futuro della blue economy per numerose regioni artiche e del nord Europa è a rischio e tale fenomeno sta generando mutamenti anche nel sud del mondo e nella acque del Mediterraneo.