Sono innumerevoli gli imprenditori e professionisti che non riescono a comprendere la fretta dell’Agenzia delle Entrate di emanare circolari e renderle pubbliche, soprattutto nel periodo di emergenza sanitaria e con il provvedimento del governo Conte, “Cura Italia“, ancora da approvare.
Risulta inspiegabile la necessità di diramare, anche tramite comunicati stampa, le circolari dell’Agenzia, soprattutto se si considera che tali circolari hanno solo valenza interna e quindi sono rivolte esclusivamente ai dipendenti interni dell’Agenzia. Tale approccio non fa altro che creare confusione nei confronti dei contribuenti.
Oramai è di dominio pubblico che le circolari e le risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate o del Ministero dell’Economia e delle Finanze non sono vincolanti né per il contribuente né per il giudice e non costituiscono fonte del diritto. Tale principio è stato più volte ribadito dalla Cassazione, pronunciatasi sull’efficacia giuridica e sull’impugnabilità di tali atti. Eppure questi organismi continuano a diramare comunicati come se fossero leggi nazionali da rispettare, instaurando, di fatto un clima di caos applicativo di norme che, effettivamente, in molti caso sono scritte male.
Mentre le istituzioni governative nazionali provano a dare, almeno nella teoria, un po’ di ossigeno alle imprese e alle famiglie, l’Agenzia delle Entrante interviene per cambiare le carte in tavola.
Le domande a questo punto sono spontanee:
- il parlamento è eletto dai componenti dell’Agenzia delle Entrate?
- Cosa spinge l’Agenzia delle Entrate a rilasciare interviste e diffondere comunicati stampa esprimendo propri pareri preventivi che nessuno gli ha mai chiesto?
In un’intervista rilasciata a Radio Capital, Ruffini si dichiara contrario ad un condono fiscale come misura finalizzata a garantire liquidità a famiglie ed imprese. Eppure la pace fiscale resta una delle proposte che il governo potrebbe applicare. L’approccio dell’Agenzia delle Entrate al mondo del sommerso è duplice: se da un lato il Direttore Ruffini apre agli aiuti per i lavoratori in nero, dall’altro sbarra completamente la strada all’ipotesi di una nuova pace fiscale nel 2020. Non basta la sospensione temporanea di cartelle ed imposte, ma serve una cancellazione totale del pregresso per consentire all’economia di ripartire o quanto meno una rateizzazione già definita. Altrimenti gli aiuti finanziari annunciati dal Governo, in queste ore, saranno tutti assorbiti dal pagamento delle Imposte, IVA e contributi ad oggi sospesi.
Il tema pace fiscale è stato al centro anche di alcune segnalazioni del Senato sulle misure previste dal Decreto Cura Italia. La sospensione delle rate in scadenza rischia di trasformarsi in un vero e proprio macello sociale nel mese di giugno, quando famiglie e titolari di partita IVA si troveranno a dover pagare fino a 3 rate in un’unica soluzione. Il condono totale, oppure una rottamazione quater, sul fronte fiscale è una delle misure auspicate da molti esponenti del panorama politico ed economico nazionale. La sospensione di tutte le attività di riscossione rappresenta una delle misure prese dal Governo Conte per venire incontro agli italiani in piena emergenza Coronavirus.
Inoltre, importante è ricordare che emanare circolari e renderle pubbliche, soprattutto nel periodo di emergenza sanitaria, non aiuta alla comprensione fiscale da parte dei contribuenti e genera confusione per i consulenti del lavoro e per le piccole e medie imprese.
Una situazione di emergenza che non trova precedenti, a memoria d’uomo, richiede una coraggiosa, immediata e radicale risposta disponendo la chiusura degli uffici, garantendone la prosecuzione delle attività attraverso il lavoro agile e con presidi per le urgenze, con personale a rotazione ed utilizzo di telefono/PEC/e-mail per l’attività e lo scambio di informazioni tra personale ed utenza. Costa diversi miliardi di Euro all’anno la burocrazia fiscale nel nostro Paese. Pare che ogni azienda sia costretta a sopportare mediamente ogni anno una spesa di 10.000 Euro e l’insieme degli adempimenti comporterebbe l’utilizzo annuale di 28 giornale di lavoro. Dati abbastanza significativi, questi ultimi, perché mettono bene in evidenza il costo al quale vanno incontro i cittadini per “pagare le tasse”. Le circolari e le risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate o del Ministero dell’Economia e delle Finanze non sono vincolanti per né per il contribuente né per il giudice e non costituiscono fonte del diritto. Tale principio è stato più volte ribadito dalla Cassazione, pronunciatasi sull’efficacia giuridica e sull’impugnabilità di tali atti.
In questa situazione è essenziale che l’Agenzia delle Entrate non generi ulteriore confusione e non si sostituisca ai rappresentanti parlamentari democraticamente eletti.