Il mercato industriale e il dibattito sull’utilizzo del carbonio nel settore del trasporto marittimo all’interno dell’Unione europea è destinato a crescere e a divenire sempre più una problematica comunitaria da affrontare con forza e determinazione.
La Commissione europea sta valutando di introdurre con maggior vigore elementi di revisione del trasporto marittimo e ottimizzare le emissioni di carbonio prevedendo nuove modalità di trasporto da implementare e sfruttare. I cambiamenti economici fanno parte di un pacchetto di progettualità legate all’energia, al commercio e alle automobili, in sincronia con l’ambiziosa strategia che mira a rendere l’Europea il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050.
L’aumento del prezzo del carbonio, insieme alla riduzione delle autorizzazioni gratuite, aumenterà il costo di conformità per tutte le unità di produzione che emettono carbonio nell’ETS, il 41% delle emissioni europee. Secondo l’opinione degli economisti, inoltre, la stessa Ue si è prefissata l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Il Regno Unito ha promesso di andare ancora oltre, con un taglio del 68% entro il 2030.
Negli ultimi anni, le organizzazioni legate allo shipping e le aziende settoriali hanno investito fino a cinque miliardi di dollari nello sviluppo di tecnologie e carburanti alternativi a zero emissioni di carbonio, tra cui l’idrogeno e i suoi derivati come l’ammoniaca, considerata da molti osservatori come l’opzione più efficace per decarbonizzare lo shipping in questa fase storica della nostra attualità.
L’obiettivo è quello di finanziare un programma di ricerca supervisionato dall’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) e gestito da un’organizzazione non governativa settoriale e specializzata, il Consiglio Internazionale Ricerca e Sviluppo Marittimo (IMRB), con l’obiettivo di indentificare e sviluppare tecnologie a zero emissioni di carbonio utilizzabili dalle navi già dal 2030.
Nonostante le emissioni delle navi siano già scese del 7% rispetto al 2008, il mondo dello shipping resta ancora dipendente dai combustibili fossili e il raggiungimento dell’obiettivo fissato dall’IMO di ridurre entro il 2050 di almeno il 50% le emissioni del trasporto marittimo sarà possibile solo con l’adozione di nuove tecnologie e l’uso di nuovi carburanti.
L’innovazione del settore rappresenta una gigantesca opportunità commerciale per le imprese specializzate nella diversificazione energetica del trasporto marittimo. Lo shipping internazionale, che trasporta circa il 90% dei volumi commerciali mondiali, è parte integrante dell’economia globale e attualmente le navi utilizzano quattro milioni di barili di petrolio al giorno, pari al 4% della produzione globale di petrolio. I protagonisti del settore chiedono di comprendere che i combustibili a zero emissioni non siano disponibili nelle quantità necessarie per giungere alla decarbonizzazione, tenendo presente che le aziende hanno bisogno di un fondo centralizzato che possa catalizzare un’intensa iniezione di investimenti in ricerca e sviluppo per potenziare i progetti.
Tuttavia, senza il protagonismo delle imprese dello shipping e la creazione di una rete internazionale tra armatori e filiera sarà impossibile raggiungere l’obiettivo dello shipping a emissioni zero. Ricordiamo che, anche in piena pandemia, l’Unione europea non si è dimenticata gli impegni già sottoscritti per la tutela ambientale e la lotta ai cambiamenti climatici con oltre il 40% dei fondi stanziati per la Next Generation Eu destinati a questo scopo.