Considerata la complessità del processo di internazionalizzazione, che si compone di una moltitudine di sotto-processi appartenenti a varie aree aziendali (marketing, sales, finance, legal, HR , comunicazione e social media), è normale che una PMI decida di affidarsi ad uno specialista esterno che possa compendiare ed integrare le competenze interne nella realizzazione di un progetto di sviluppo all’estero. Un quadro aziendale composto da professionisti che hanno sviluppato un network rilevante ed attivo, aggiornato, allineato al target del committente. Generalmente, la ricchezza di esperienze e l’aver svolto progetti di consulenza in diverse realtà aziendali, rende l’approccio di un valido Temporary Export Manager stimolante, oggettivo, formativo, ricco di visione strategica e di progettualità.
Un professionista che mette a disposizione di più imprese l’esperienza consolidata nel mondo dell’export e dell’internazionalizzazione. Un concetto confermato dal dato che il 37,3% dei professionisti intervistati ha oltre 20 anni di esperienza, il 33,3% da 10 a 20 anni ed il 19,6% da 5 a 10 anni.
La figura del Temporary Export Manager è relativamente recente. A livello istituzionale si comincia a parlare del TEM a partire dal 2007. Un altro indicatore importante è rappresentato dalla flessibilità e disponibilità dei TEM a lavorare anche per aziende di regioni diverse da quella di provenienza. La maggior parte dei professionisti si affida in primo luogo a contatti e relazioni costruite negli anni e quindi alle precedenti esperienze e a database personali. Non solo. Secondo recenti analisi, anche i social network assumono un’importanza strategica. In ordine di importanza ci sono i cataloghi delle fiere di settore (62,7%), i motori di ricerca (60,8%), Linkedin o altri social network (58,8%), database di aziende pubblici (51%). Meno frequente l’acquisto di database di aziende e informazioni commerciali private (29,4%).
Gli strumenti di lavoro quotidiani sono l’email, il telefono, Skype o similari.
I TEM sfruttano canali come le fiere, le missioni commerciali e gli incoming. L’invio di campioni è prassi consolidata in molti settori mentre è in crescita l’uso dei social network per trovare contatti, meno per fare branding. Le App di messaggistica sono ancora viste come strumenti per la comunicazione privata e non professionale. Alcuni strumenti consolidati nel mondo digitale, sono ancora poco sfruttati dai manager. È il caso dell’email marketing, della costruzione di funnel di vendita, e dei chatbot, che sono ancora da sfruttare al meglio e da adattare alla figura del Temporary Export Manager. D’altronde anche le attuali politiche governative iniziano a scrutare con attenzione tale ruolo per le imprese italiane interessate ai mercati esteri.
Misure di internazionalizzazione che verranno adottate dalla promozione sui marketplace stranieri, a un fondo per l’introduzione della figura del Temporary Export Manager nelle PMI, che incontrano le maggiori difficoltà ad esportare. A causa dell’emergenza coronavirus sono molte le imprese che chiedono nuove prospettive per l’export, incrementare accordi con la grande distribuzione internazionale, con una logica “analoga a quella dell’e-commerce”, canale che si deve rafforzare con una strategia più aggressiva. Nel disegnare un quadro manager importante per sviluppare la propria idea di promozione, efficace e importante è iniziare ad adottare modelli di fiera virtuale su appositi marketplace business-to-business. A questo pilastro va aggiunta la formazione professionale, che attualmente trova facilità anche attraverso metodologie online e da remoto, dei digital manager, degli esperti in comunicazione e che vadano a sommarsi alle competenze dei Temporary export manager.