Il 2020 potrebbe chiudersi con oltre 80 miliardi di consumi in meno e un Pil in caduta del 9%, stando alle stime di Confesercenti, che analizza come le imprese italiane siano ormai senza liquidità. Secondo l’ultimo studio, il totale della spesa privata del 2020 sarà decisamente inferiore rispetto a quello dell’anno scorso (-6,8%) e la ripresa accompagnerà in modo negativo innumerevoli settori quali l’abbigliamento, i trasporti, i servizi ricreativi e di cultura, i servizi ricettivi e di ristorazione. Stando ai dati, il 41% delle imprese sta lavorando all’implementazione di un canale di e-commerce. Sembrerebbe, inoltre, che molte imprese, in particolare i piccoli negozianti, abbiano compreso che in questa fase sia cruciale ripensare completamente il proprio modello di business soprattutto perché dopo il coronavirus, nulla sarà più come prima.
Le abitudini dei consumatori stanno cambiando radicalmente e la svolta verso gli acquisti online, attraverso le attività di e-commerce, avrà delle nuove modalità di concepire gli acquisti e le spese. Difficilmente si tornerà indietro. Soprattutto quando il cambiamento si concentra sulla tecnologia digitale e la logistica: due certezze (o presunte tali) che da subito hanno mostrato tutte le crepe di un paese ancora arretrato.
La paura del contagio e le lunghissime file davanti ai supermercati hanno convinto gli italiani a provare la spesa online. Ma l’infrastruttura non ha retto: le grandi catene della distribuzione organizzata sono storicamente in ritardo e persino Amazon ha faticato a tener testa all’esplosione della domanda. Paradossalmente, a beneficiare della situazione sono stati i piccoli negozi, sebbene molti di loro, prima di questa crisi, non avessero neppure un sito web. Molti piccoli commercianti hanno cercato di riorganizzarsi in fretta, forti anche del supporto di nuovi servizi ad hoc nati in queste settimane per rispondere alle necessità del momento, servizi che con tutta probabilità delineeranno un nuovo modello di acquisto “di prossimità”. Non si tratterà soltanto di riorganizzare la distribuzione o le modalità di pagamento, bensì bisognerà ripensare proprio anche gli ambienti e limitare il numero massimo di persone per superficie quadrata negli spazi commerciali. Ripensare a come distribuire le proprie risorse economiche, come colmare le perdite dovute al calo di persone fisiche presenti all’interno dell’esercizio commerciale, come evitare gli sprechi e alimentare nuove opportunità di mercato con l’e-commerce. Uno sforzo non banale perché, per esempio, i negozi di alimentari saranno chiamati a ottimizzare gli stock per limitare gli sprechi; mentre nel caso dell’abbigliamento sarà cruciale il ruolo del buyer nella selezione degli articoli: con meno spazio a disposizione, il margine d’errore si riduce enormemente.
A fine emergenza, inoltre, accanto ad una naturale tendenza a prestare maggiore attenzione all’igiene, alla sanificazione degli ambienti e degli scaffali, sarà necessario intervenire con protocolli igienico sanitari in tema salute e sicurezza ad hoc. Elementi che fanno avanzare l’idea dell’e-commerce tra le aziende, rivedere la struttura aziendale digitalizzandola. Fra le imprese che impiegano canali digitali, più del 50% lo fa da meno di quattro anni e solo un quinto ha un’esperienza di almeno dieci anni. Il principale mercato per le esportazioni online italiane è l’Europa, che raccoglie circa metà delle vendite ed è la prima area di sbocco per il 52% delle aziende, anche se a livello globale il primo paese sono gli Stati Uniti, un quarto dell’export digitale, mentre i paesi emergenti e la Cina restano marginali.
L’Export digitale B2b nel 2019 ha raggiunto un valore di 134 mld (+1,5% rispetto al 2018), pari al 28% delle esportazioni complessive. Il comparto più digitalizzato è l’automotive, che copre il 22,5% delle vendite online B2b (il 73% del totale di settore), per un valore di 30 mld di euro, seguito da tessile e abbigliamento con 20 mld (il 15% delle transazioni online B2b, il 38% dell’export di settore) e dalla meccanica con poco più di 15 mld (l’11% delle vendite digitali B2b, il 18% delle esportazioni di settore). Il fintech avrà un impatto decisivo sull’e-commerce, soprattutto per lo sviluppo di servizi estremamente settorializzati a maggior valore aggiunto, come i meccanismi di pagamento dietro sottoscrizione, le soluzioni di couponing e le carte fedeltà, i sistemi di gestione di informazioni da parte dei clienti per il tracciamento dei prodotti o i pagamenti alla consegna gestiti da smartphone. E con la nuova legislazione sulla PSD2, le banche potranno condividere con altri soggetti i dati legati al conto corrente dei clienti, con l’obiettivo di creare nuovi servizi e ampliare l’offerta con soluzioni personalizzate che vadano oltre le proposte commerciali standard.
Il digitale ha permesso a numerose aziende di mantenere vivo il proprio business nonostante il lockdown, molte delle quali non avevano ancora abbracciato il commercio elettronico, ma hanno saputo cogliere le opportunità offerte dalla situazione. Tale situazione ha ridisegnato il futuro dell’export e del commercio delle aziende italiane ed europee. Non resta altro che affrontare la sfida, adeguarsi e abbandonare le vecchie logiche commerciali.