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Le circolari dell’Agenzia delle Entrate sono impugnabili. Finalmente un po’ di chiarezza

La recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione traccia il perimetro di impugnabilità delle circolai dell'Agenzia delle Entrate.

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La recente evoluzione giuridica in Italia, con la sentenza della Corte di Cassazione n. 29023 del 19 ottobre 2023, ha portato a una svolta significativa nell’impugnabilità dei provvedimenti amministrativi generali dell’Agenzia delle Entrate. Questo cambiamento non solo ridefinisce i contorni dell’azione amministrativa dell’ente, ma solleva anche questioni importanti riguardo al valore delle circolari e altri documenti di prassi.

Il caso alla base della controversia

Il caso che ha portato alla controversia riguarda una società che si è rivolta al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per impugnare i provvedimenti emessi dall’Agenzia delle Entrate in attuazione del contributo previsto dall’art. 37 del decreto-legge 21/2022. Questo contributo straordinario è stato imposto alle imprese operanti nel settore petrolifero/energetico per affrontare l’aumento dei costi dell’energia causato dalla situazione in Ucraina.

In particolare, i provvedimenti oggetto del ricorso includono il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 17 giugno 2022, la Circolare n. 22/E del 23 giugno 2022 e la Risoluzione n. 29/E del 20 giugno 2022. La società contestava la legittimità di questi provvedimenti, sostenendo che fossero in contrasto con la normativa vigente e che violassero i suoi interessi legittimi.

Uno dei punti centrali della controversia riguardava la giurisdizione competente per affrontare la questione. Secondo l’art. 7, comma 1, del codice di procedura amministrativa, la giurisdizione amministrativa è competente per le “controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi… concernenti l’esercizio… del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti… posti in essere da pubbliche amministrazioni.” In questo caso, i provvedimenti impugnati erano stati emessi dall’Agenzia delle Entrate nell’esercizio del potere amministrativo previsto dall’art. 37 del decreto-legge 21/2022.

Tuttavia, si è sollevata la questione se i provvedimenti in questione dovessero essere considerati “atti generali” o meno. Secondo il Consiglio di Stato, l’organo amministrativo centrale, intervenuto dopo che il TAR aveva dato parere favorevole all’Agenzia delle Entrate, gli atti generali pur non rientrando nella giurisdizione diretta del giudice tributario, che ha solo il potere di disapplicarli in via incidentale in una controversia che riguarda un atto specifico, possono essere oggetto di impugnazione amministrativa.

Le argomentazioni delle parti coinvolte

Le parti coinvolte nel caso, tra cui l’Agenzia delle Entrate, il Ministero dell’economia e delle finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), ricorrevano alla Suprema Corte di Cassazione, sostenendo che i provvedimenti impugnati non costituivano esercizio di potestà amministrativa discrezionale e che non generavano interessi legittimi tutelabili davanti al giudice amministrativo o al giudice tributario.

Inoltre, nelle loro argomentazioni, hanno sottolineato che la normativa istitutiva delle agenzie fiscali precludeva loro la possibilità di esercitare un potere di natura regolamentare, riservato al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nel caso specifico, l’art. 37, comma 5, del decreto-legge 21/2022 aveva assegnato all’Agenzia delle Entrate solo una competenza attuativa per il contributo per il caro energia, con la fissazione del suo ammontare già stabilita dalla legge stessa. L’Agenzia aveva solo il compito di gestire le modalità dichiarative ed informative, senza alcun potere autoritativo di integrare le norme primarie.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione

Con la sentenza indicata in premessa, la Corte Suprema di Cassazione, ha stabilito che il provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate è impugnabile davanti al Giudice amministrativo. Ha affermato che la natura discrezionale o vincolata dell’atto non è un presupposto necessario per stabilire la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. Basta che si tratti di un atto autoritativo emesso da una pubblica amministrazione.

Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che l’azione proposta dalla società, costituiva una forma di tutela preventiva contro i provvedimenti amministrativi generali rispetto agli atti impositivi o di riscossione individuali. Questa azione di annullamento preventivo è prevista dall’art. 7, commi 1-4, del codice di procedura amministrativa e dall’art. 7, comma 5, del Decreto Legislativo 546/1992.

La Corte ha quindi confermato la giurisdizione amministrativa nella controversia, sottolineando che l’esercizio del potere discrezionale dell’Agenzia delle Entrate costituisce il presupposto generale dell’azione fiscale concreta e che la situazione soggettiva derivante da questo esercizio deve essere qualificata come interesse legittimo.

Il ruolo delle circolari dell’Agenzia delle Entrate

Non vi è dubbio che l’aspetto più rilevante della controversia riguarda il ruolo delle circolari emesse dall’Agenzia delle Entrate. Le circolari rappresentano un importante strumento di interpretazione e guida per i contribuenti, ma non hanno valore normativo e quindi non vincolano né il contribuente né il giudice e non costituiscono fonte di diritto.

Tuttavia, in alcune situazioni, può sorgere una questione riguardo alla corretta interpretazione delle circolari. La Cassazione ha sottolineato che le circolari rappresentano pareri dell’Amministrazione e non sono vincolanti per il contribuente. Anche se una circolare contiene direttive agli uffici amministrativi subordinati, essa rimane un parere e non ha valore vincolante.

Implicazioni delle conclusioni della Cassazione

Le conclusioni della Cassazione in questo caso hanno implicazioni significative per il sistema giuridico italiano. La decisione conferma la giurisdizione amministrativa nelle controversie relative ai provvedimenti amministrativi generali emessi da agenzie fiscali come l’Agenzia delle Entrate. Inoltre, stabilisce che l’azione preventiva contro tali provvedimenti è legittima e può essere intrapresa davanti al giudice amministrativo.

Inoltre, la sentenza ribadisce il ruolo delle circolari come strumenti di interpretazione e guida, ma sottolinea che non hanno valore normativo e non vincolano né il contribuente né il giudice.

In un contesto legislativo complesso e spesso contraddittorio, le circolari possono aggiungere ulteriore confusione anziché chiarezza. Le interpretazioni fornite possono essere soggette a cambiamenti frequenti, creando incertezza per i contribuenti che cercano di aderire alle leggi fiscali. La mancanza di coerenza nelle circolari rispetto alle volontà del legislatore può portare a interpretazioni contrastanti e dispute legali, aumentando di fatto il contenzioso tributario.

La responsabilità dell’Agenzia delle Entrate nel fornire orientamenti chiari e coerenti riveste un’importanza fondamentale, e le circolari dovrebbero essere redatte con la massima attenzione per evitare ambiguità e contraddizioni che potrebbero avere conseguenze negative per i contribuenti e per il sistema fiscale nel suo complesso.

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