A constatare l’ottimo andamento della Blue Economy è la Commissione Europea. L’economia blu dimostra non solo di saper crescere velocemente ma anche di saper resistere efficacemente alla crisi finanziaria, attenuando in parte gli effetti della crisi sulle economie costiere.
Non a caso, Italia, Regno Unito, Spagna, Francia e Grecia sono le cinque più grandi economie blu del continente europeo. I mari e gli oceani europei forniscono opportunità di crescita economica, ma a fronte di una scarsità di risorse e di una popolazione complessiva in crescita, necessitiamo sempre più di politiche del mare per soddisfare le nostre esigenze alimentari, di logistica e trasporto, farmaceutiche ed energetiche.
Dalla produzione di energia pulita allo sviluppo di industrie nuove e sostenibili, in settori variegati come le biotecnologie e l’acquacoltura, l’innovazione, i trasporti, l’ecoturismo e l’introduzione di ricerca e analisi nell’economia marittima europea sono cruciali per la ripresa e il futuro dell’Europa.
Sono 8000 i chilometri di costa che possiamo contare in Italia e nel tentativo di comprendere l’opportunità dell’economia del mare e della blue economy intervistiamo Salvatore Lauro, politico di lungo corso e armatore conosciuto. Protagonista della società navale di famiglia, un gruppo che conta aziende tra le quali Volaviamare, Alilauro, Alilauro Gruson, Alicost e Capitan Morgan e tre cantieri navali. Lauro è anche membro del Consiglio di Assoarmatori e presidente onorario della “Città del Sapere”.
- La Blue Economy rappresenta oggi, secondo un report stilato da Unioncamere sull’Economia del mare, un comparto in cui sono attive quasi 200 mila imprese, pari a circa il 3% di tutte le aziende italiane. Possiamo approfondire l’importanza economica della blue economy?
Secondo un dossier stilato dagli armatori che approfondisce il rapporto tra gli italiani e il mare emerge un quadro emblematico: un italiano su quattro non sa nuotare, uno su tre ha comunque paura dell’acqua e il 50% non si riconosce in un popolo di naviganti. Eppure, l’80% ritiene che il futuro del Paese passi attraverso il mare e la navigazione e il 70% addirittura che venga istituito il Ministero del mare.
La posizione dell’Italia del Mediterraneo, l’estensione del cosiddetto Stivale sul mare, ci impone di chiederci come utilizzare meglio una risorsa sottostimata: il futuro del Paese e del Mezzogiorno in particolare passa innegabilmente attraverso la blue economy. E per la blue economy passa soprattutto il futuro delle nuove generazioni, il cui impiego nei settori del diporto, della crocieristica e dell’economia del mare in senso lato potrebbe risolvere in larga parte il tema della disoccupazione, che è certamente cruciale per il nostro Paese.
- Liberare il potenziale della “blue economy” significa puntare su molti settori, oltre alla pesca: l’acquacoltura, il turismo costiero, il trasporto commerciale, l’energia marina, delle maree, la produzione eolica offshore e le industrie emergenti come le biotecnologie acquatiche. Quali sono le proposte da avanzare politicamente per rendere fattibili e accessibili tali potenzialità?
Il futuro dell’Italia e del pianeta passa attraverso l’ambiente. Le energie rinnovabili, dal solare all’eolico, passando per lo sfruttamento delle maree, sono fondamentali. Per arginare uno dei problemi più sentiti di molte delle località costiere italiane, il traffico, è per esempio necessario puntare senza indugi sulle cosiddette autostrade del mare, come Volaviamare anche quest’anno ha fatto con i servizi Archeolinea e Cilento Blu.
Ma perché la mobilità terrestre intercetta finanziamenti e sostegni superiori alle vie del mare? Alla base ci sono certamente motivi culturali. Perché ci sia una sana concorrenza tra le due soluzioni di mobilità, occorre che ci sia un equilibrio tra i finanziamenti esterni ai due comparti. E ancora: c’è bisogno di un sostegno nazionale, ma anche di un sostegno attivo da parte degli enti locali, Regioni e Comuni in primis, e mi riferisco in particolare alla portualità. Un altro tassello fondamentale, insieme alle Capitanerie che tutelano la sicurezza, è rappresentato senz’altro dagli operatori turistici, dalla cui abnegazione e dalla cui professionalità dipende il rilancio della blue economy.
- Grazie all’impegno della Farnesina e dei responsabili nazionali del “WestMed National Hub for Italy” continuano a essere operativi i “tavoli di lavoro” tesi ad analizzare, scrutare, monitorare e coordinare attività e iniziative lungo tutta la nostra penisola a sostegno della blue-economy, la tutela del mare, delle acque del Mediterraneo e la cooperazione economica tra i soggetti diretti e indiretti che dal “Mare nostrum” tentano d’incentivare occupazione e ricchezza. Possiamo approfondire l’importanza della cooperazione internazionale nel Mediterraneo per il nostro sviluppo economico?
L’Italia non ha altra scelta che indirizzare l’Europa verso la cooperazione internazionale all’interno del Mediterraneo: avremo sempre gente che arriva dall’Africa lungo le nostre coste. Il punto è intervenire nei Paesi d’origine, intervenendo sui motivi che spingono i migranti ad affrontare viaggi impossibili e aiutandoli a sviluppare le economie dei loro Paesi. Le piccole e medie imprese italiane possono fare molto, in questa ottica, magari attraverso accordi bilaterali di formazione. In questo momento, Alilauro ha in Algeria e Tunisia personale in grado di formare manodopera locale, in particolare nel settore della cantieristica navale. Sono operazioni mutuabili in altri campi, dal turismo alla gastronomia.
- Un focus sul Meridione italiano. Il sud Italia è ricco di coste e presenta una parte consistente dell’economia locale legata al mare. Quali sono le riforme da adottare in tale ambito e quali proposte di cooperazione si possono promuovere per incentivare l’occupazione in tale settore?
Il futuro del Sud passa attraverso l’opportunità di un cambiamento culturale imposto dall’industria 4.0. Ma bisogna fare sistema e stare insieme: lo si può fare attraverso le piattaforme digitali, sempre più essenziali nella blue economy, nel turismo, nel diporto.
Un esempio: la destinazione Ischia, già molto conosciuta, si è resa conto che fare sistema è essenziale perché il management destination delle varie località deve crescere e può farlo solo attraverso la digital innovation, puntando su personale competente e professionale, formato ad hoc e ispirato alla cultura dello stare insieme. ‘Resto al Sud ’ è una delle intuizioni più positive dei nostri governi, ma è stata sin qui sottoutilizzata. Potrebbe essere invece un utile strumento per i giovani in cerca di occupazione e soprattutto per le start-up.
- Il patrimonio liquido e le coste sono un bene da valorizzare e da tutelare. Le problematiche ambientali e l’inquinamento da plastiche sono urgenze quotidiane. Cosa proporre, attivare o realizzare per far divenire tale settore un’opportunità ecosostenibile?
Bisogna partire dalle spiagge e dal mare, dalla messa al bando della plastica monouso, già adottata da alcuni dei Comuni campani per esempio, divenuti plastic free. Quello della plastica in mare è senz’altro un grande problema: siamo già in grande ritardo, ma certo assistiamo finalmente a una presa di coscienza da parte della politica e della cittadinanza.
Un mare sporco è un mare il cui ecosistema è a forte rischio e non c’è alcun dubbio che l’appetibilità turista delle località ne paghi le conseguenze. C’è poi la questione delle emissioni di CO2, su cui aziende come la nostra stanno investendo molto: entro il 2021, le unità marittime dovranno adeguarsi alle norme Ue, con indiscussi benefici per l’ambiente e per il mare. La tutela del pianeta è un dovere sempre più imprescindibile per tutti.