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La burocrazia mette a rischio le vendemmie del 2020

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La vendemmia è ufficialmente partita in alcune regioni italiane ma a creare problemi al settore non è unicamente il coronavirus. Approfondiamo: l’emergenza sanitaria ha creato non pochi problemi ai produttori, a causa del calo della domanda e del parziale calo delle vendite sui canali classici, ma attualmente la vendemmia non parte perché mancano i codici fiscali per gli stagionali. Il fisco 4.0 non riesce a emanare i codici fiscali in smart working e ha bisogno dei suoi tempi, 15 giorni tanti quanto quasi il periodo della vendemmia. Oggi, la situazione in cui si trovano ad operare le associazioni che assistono gli imprenditori per la vendemmia, Cia-Agricoltori italiani in prima linea, è da preistoria delle comunicazioni. Con gli uffici chiusi o aperti per pochi giorni e ore, sebbene si arrivi con tutte le pratiche documentali pronte, i dipendenti dell’Agenzia delle entrate ricevono la pratica e rinviano per il rilascio del codice fiscale dopo 15 giorni. Due settimane per il rilascio di un codice fiscale, tanto quasi quanto dura il periodo di lavoro dei braccianti chiamati. Per i produttori di vino e per gli agricoltori del settore quest’anno sembra essere davvero maledetto. Nel tentativo di comprendere le difficoltà quotidiane, le esigenze e le prospettive per il futuro, intervistiamo Gennaro Scognamiglio, presidente dell’Unci Agroalimentare.

Per quanto riguarda l’erogazione dei codici fiscali, le strutture produttive territoriali si sono rivolte ai Cia e patronati esperti, evidenziando le difficoltà che gli imprenditori stanno riscontrando con l’approssimarsi della vendemmia. Cosa sta accadendo?

Sta accadendo quello che accadeva già prima dell’era coronavirus. Il Codice Fiscale, come tutti ben sanno, altro non è che un codice alfanumerico che hanno tutti i cittadini italiani, europei e stranieri extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno. L’Agenzia delle Entrate identifica in maniera precisa ogni singolo cittadino, sin dalla sua nascita. Ma ancora oggi per la richiesta codice fiscale, per una persona fisica, per una società, un’associazione, un condominio e riuscire a farla online, che non vuol dire averne l’attribuzione, si può solo compilare on line il modulo e stampare per poi avere un appuntamento all’Agenzia, risulta essere un evento. Ciò cosa vuol dire? Vanificare tutte le opportunità messe in campo per la ripresa economica del nostro paese. Vanificare tutto quanto fatto fino ad oggi in tema di regolarizzazione, opportunità di inserimento lavorativo, ripresa del lavoro e competitività con i mercati esteri.

Gli imprenditori presentano pratiche con i documenti in regola per gli stagionali in arrivo ma la burocrazia non risponde e gli uffici sono chiusi. Che fare?

Gli imprenditori presentano pratiche, con documenti in regola, per gli stagionali in arrivo ma la burocrazia non risponde e gli uffici sono chiusi. Rilasciare un codice fiscale è una banalità ma le attuali piattaforme digitali sembrano essere ricche di problemi. Per effettuare la lotta al “Caporalato” creano una successiva procedura burocratica. Per questo chiediamo una maggiore attenzione al Comparto Agroalimentare, che soffre di quella ricaduta indiretta e collegate alla necessita di mano d’opera. Se molti, sono stati i problemi legati alla distribuzione delle merci, in realtà non sono mancati e non mancano nemmeno quelli legati al fenomeno della carenza di manodopera. I problemi che si registrano sono per le colture ad alta intensità di manodopera e per quella mano d’opera di tipo stagionale. Le misure di restrizioni connesse alle misure di contenimento da contagio messe in atto dal Governo Italiano hanno provocato una diminuzione della mano d’opera, in un periodo dove ortaggi e frutta spesso marciscono nei campi o nelle serre. In tale contesto, se la vendemmia stenta a partire per le problematiche legate al Codice Fiscale, siamo arrivati al ridicolo. Avevamo posto l’accento sull’attivazione dei cosiddetti corridoi verdi per far giungere tali lavoratori dall’estero e da paesi vicini ai nostri. Come UNCI Agroalimentare, fin dall’inizio ho proposto soluzioni più logiche e di più attuazione, quell’atto di coraggio richiamato a più voci da parte del governo, quella opportunità di mettere in “campo” anche semplicemente manodopera italiana, attingendo tra i disoccupati, i giovani, i percettori di reddito di cittadinanza, con il ripristino “dei voucher”. Non possiamo essere il paese della Disoccupazione, della Cassa Integrazione e dei mancati raccolti a causa di Codici Fiscali consegnati in ritardo. Va attivato subito il canale degli aiuti alimentari, adeguatamente rafforzato con misure di finanziamento a fondo perduto, sburocratizzazione dei processi per accelerare i pagamenti sospesi, i programmi in essere PSR e dare maggior tempo alle imprese per la realizzazione di tali procedure attraverso una proroga. Vorremmo sottolineare l’importanza di istituire anche un Fondo di Sostegno Nazionale a favore del comparto per affrontare quelle misure emergenziali che prevedono la sicurezza e la tutela nei luoghi del lavoro, poter consentire le modifiche strutturali degli ambienti di lavoro, del distanziamento sociale, a tutti quei beni che occorre acquistare per mettere in sicurezza gli ambienti e formare il personale, un aiuto per l’implementazione ed il rafforzamento del risparmio energetico e sicura liquidità per le scorte alimentari.

Rilasciare un codice fiscale è una banalità, ma le attuali piattaforme digitali sembrano avere numerosi problemi. Quali sono le denunce più allarmanti che state raccogliendo in tale ottica?

Che ci vuole a fare un codice fiscale considerato che è soltanto un algoritmo matematico e tantissimi programmi sulla rete possono svilupparlo? Mentre oggi corriamo su tutte le tipologie di servizi “SMART”, in tutti i settori, il Codice Fiscale è ancora slow. La crisi sanitaria è giunta in un contesto già delicato, su tutto il comparto agroalimentare, a causa delle giacenze e alle buone annate come la super vendemmia 2018-2019. Bisognava intervenire, con focus e investimenti di sostegno alle imprese. Con una annata da recuperare e una da raccogliere si possono ancora dare opportunità per la ristrutturazione e la riconversione di vigneti, adatti alla produzione di vini Doc e Igp, valorizzando i nostri vini di qualità legati al territorio. 

Le continue lentezze della burocrazia italiana stanno generando danni anche per l’export? Quali dati avete al riguardo?

Riceviamo sempre più segnali allarmanti per i dazi statunitensi alle etichette italiane. Un clima di incertezza sulle politiche socio economiche e sul futuro degli accordi commerciali. Molte nostre Cooperative di Produzione e Lavoro legate all’assistenza agricola lamentano troppe pressioni burocratiche e poca flessibilità. Non dimentichiamo le problematiche, la recessione globale e le crescenti difficoltà di esportazione in Russia. I nostri cooperatori stanno concentrando l’attenzione ad arginare le perdite causate dal lock-down, cercando di incrementare le vendite in GDO e in attesa della riattivazione del canale Ho.re.ca. La crescita in GDO ha generato un incremento al settore agroalimentare, con un +8%. Sul versante dell’export, dopo la mazzata ricevuta dal coronavirus legata al periodo di aprile, si va verso una lenta ma progressiva ripresa dell’intero settore agroalimentare. Abbiamo numeri ancora in negativo purtroppo, ma lo sforzo da compiere ora è togliere i lacci alle nostre imprese. Nel mese di luglio, nel settore produzione del vino ci sono stati andamenti contrapposti per i vini da tavola e i Doc-Docg, con i primi in ripresa rispetto allo scorso anno. Generalmente, purtroppo, i bilanci sono ancora al ribasso. A preoccupare gli operatori non è il livello dei prezzi quanto il clima di incertezza sugli sviluppi della domanda, sia interna che estera. Le giacenze, seppure inferiori rispetto allo scorso anno, restano su livelli medio alti. Possiamo azzardare su una possibile vendemmia generosa, nella campagna 2020/21, una campagna che ci lascia sperare. Concludendo, gli effetti socio – economici derivanti dalla pandemia sanitaria non finiranno in tempi brevi ed è quindi condizione essenziale e strategica tutelare il nostro Made in Italy, sostenere la continuità produttiva delle nostre imprese agricole e l’efficienza di tutto il comparto agroalimentare. Il Made in Italy deve sconfiggere la burocrazia.

Domenico Letizia
Domenico Letizia
Giornalista.
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