La Cina dichiara guerra alle criptovalute. Anche se la messa al bando definitiva è scongiurata, dopo alcune notizie in merito trapelate nelle ultime settimane, il Governo di Pechino conferma una posizione sostanzialmente ostile alle monete elettroniche, a partire dal Bitcoin, influenzando e destabilizzando l’andamento delle quotazioni in borsa.
Il messaggio rivolto alla popolazione cinese attraverso i principali media nazionali è di stare lontani dalle criptovalute, o almeno di adottare estrema prudenza nell’utilizzo: il tutto per accrescere la consapevolezza in merito ai rischi dell’investimento, in primis quelli legati alla volatilità del capitale.
China Central Television, in particolare, ha trasmesso e diffuso alcune clip che spiegano quanto sia semplice allestire una blockchain per la gestione di token che di fatto non hanno alcun valore concreto e che approcciando questo ambito senza disporre di un’adeguata preparazione non è difficile inciampare in truffe o raggiri.
Nel frattempo, sempre la Cina sta rivedendo anche il suo ruolo di numero uno mondiale nel ‘mining’, cioè nella produzione di bitcoin, a causa dell’energia necessaria ad estrarli, che è salita a livelli ecologicamente non più sostenibili. E questo sarebbe entrato in rotta di collisione con i recenti obiettivi climatici di Pechino.
A parlare di questa inversione di rotta anche nel mining è il Wall Street Journal, il quale ricorda che fino a tre quarti della fornitura mondiale di criptovalute è stata prodotta in un solo paese, la Cina. E la spinta del governo per ridurre la produzione sta contribuendo a causare fortissime turbolenze globali sui bitcoin.
E nel frattempo l’Europa come agisce rispetto alla moneta virtuale? Da una parte il Presidente della BCE, Christine Lagarde, ha più volte puntato il dito contro i bitcoin, invocando una regolamentazione più stretta per mettere un freno alle attività di riciclaggio e criminalità digitale. Mentre l’Unione Europea continua a mantenere un atteggiamento di apertura verso questa forma di pagamento e trasferimento di denaro, ma sempre nel quadro di un regolamento generale da sviluppare da qui ai prossimi anni.