In Sardegna sono 34.895 le imprese artigiane registrate, il 20,5% di tutte le attività produttive sarde, che danno lavoro a 61.719 addetti, che superano i 100mila con l’indotto, e che producono un valore aggiunto di oltre 3 miliardi di euro, il 10,2% dell’intera Isola. Di queste ben 5.900 sono create e gestite da donne, 2.778 sono quelle condotte da under 35 e ben 1.430 da stranieri.
Sono questi alcuni dei numeri chiave del dossier “Ripartire dall’Artigianato per far ripartire la Sardegna”, realizzato dall’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, presentato stamattina dall’Associazione Artigiana a Milis (OR), all’Assessore Regionale all’Artigianato, Gianni Chessa e alle imprese di tutta l’Isola.
L’analisi ha “radiografato” il 2019 artigiano e gli ultimi 10 anni del comparto sardo attraverso i dati Istat, Unioncamere e Movimprese.
“Sono questi i numeri di un sistema di imprese, addetti e territori su cui gravano, da tempo immemorabile, condizioni che ne limitano lo sviluppo – ha commentato Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato Imprese Sardegna presentando il dossier all’Assessore Chessa – e parliamo dei problemi legati alla rappresentatività, al credito, alla competitività, alla burocrazia, al lavoro, alla formazione, al territorio, all’ambiente, alle infrastrutture, all’energia, ai trasporti e all’insularità. Le aziende chiedono solo di essere liberate da questi pesi”. “La solidità delle imprese sarde è stata duramente compromessa negli anni – ha continuato Matzutzi– la Politica regionale, con quella nazionale, avrà il duro compito di ricreare un contesto favorevole alle attività produttive, è necessario “ingranare la quinta”. Certamente negli anni passati il settore non ha avuto l’attenzione che meritava. Basti solo ricordare che a questo comparto che rappresenta il 22% dell’economia della Sardegna, è stato destinato solo l’0,36% del Bilancio regionale 2019. Parliamo di finanziamenti diretti ovvero di quelli destinati esclusivamente alle imprese artigiane. Una situazione del genere non dovrà ripetersi”.
L’Assessore Chessa ha subito replicato affermando come la Giunta sia pronta a portare avanti una politica del Si, del fare e di come la condivisione di intenti e strategie guiderà la politica del cambiamento, anche modificando le Leggi che non soddisfano le necessita delle imprese artigiane o che, addirittura, ne frenano lo sviluppo.
Sugli incentivi, l’Assessore all’Artigianato ha anticipato come non ci saranno più “rattoppi” e come verranno cancellati gli interventi a pioggia, mentre il sostegno economico sarà indirizzato verso i settori che avranno maggiormente bisogno. Bandite anche le iniziative economiche mordi e fuggi.
Per quanto riguarda Leggi per lo sviluppo dell’Artigianato, il cui nuovo indirizzo verrà concordato con le Associazioni di Categoria, saranno presto rifinanziate in modo “importante” la 949 e la storica Legge Regionale 51 di settore. L’Assessore non ha voluto anticipare l’ammontare delle future disponibilità per le imprese in quanto la posta in bilancio verrà concordata nelle prossime settimane. Al contrario, agli artigiani ha comunicato che saranno messi a disposizione 10,5 milioni di euro per il passaggio generazionale nelle aziende e per le certificazioni di qualità.
Per quanto riguarda il rilancio dell’edilizia, ha anticipato come sarà cambiata la legge Urbanistica senza però violare le norme ambientali. “Non è possibile non poter adeguare e ammodernare le strutture esistenti”, ha aggiunto.
Le cifre del bilancio del terzo trimestre 2019, natalità-mortalità delle imprese artigiane, raccontano di 400 iscritte e 356 cessate non d’ufficio, per un saldo positivo di +44 aziende, equivalente ad un tasso di crescita del +0,13%, in miglioramento rispetto all’anno precedente (-0,02%). Al contrario, l’analisi dei 3 trimestri 2019 (1 gennaio-1 ottobre) raffrontati con gli stessi del 2018, mostra come il numero totale di imprese artigiane registrate in Sardegna rispetto allo stesso periodo dello scorso anno diminuisca passando dalle 35.264 alle 34.895 registrando una variazione tendenziale del -1,0%, equivalente ad una perdita complessiva di 369 unità. Rispetto a 10 anni prima (III trimestre 2009) in Sardegna si contano 8.149 imprese artigiane in meno.
Nei diversi settori, ta il 2018 e 2018, lieve calo per le imprese che si occupano di Servizi (-0,2%) mentre cali più consistenti si osservano per le Costruzioni (-0,8%), per i Servizi alle persone (-1,0%) e per il Manifatturiero (-2,5%).
Nel lungo periodo (2009-2019) nell’Isola il calo più accentuato del numero di imprese registrate, del comparto artigiano, lo si registra per le Costruzioni (-23,3%) e il Manifatturiero (-21,9%). Seguono i Servizi alla persona con un calo del -20,3% e quelli all’impresa con un calo del -7,8%. Analoga la situazione quando si analizza la forza lavoro, ovvero gli addetti, i dipendenti e gli indipendenti nelle imprese artigiane.
Sull’Isola all’inizio del 2018 (ultimi dati certificati disponibili) gli addetti dell’artigianato sono 61.719 e rappresentano il 21,1% del numero totale di occupati (15,7% media nazionale). In particolare operano nell’artigianato sardo il 60,6% dei lavoratori delle Costruzioni, il 42,8% dei lavoratori del Manifatturiero esteso e il 12,2% dei lavoratori dei Servizi. Nel suo discorso Matzutzi ha sottolineato anche come “i segnali di un rallentamento dell’economia globale, europea e nazionale ci preoccupano non poco, quindi sarà fondamentale che il Governo regionale sia coraggioso e “rivoluzionario” nell’affrontare, con urgenza, le criticità che da troppo tempo sono un freno e un fardello per il nostro sistema regionale. Sarà indispensabile, per questo, tagliare radicalmente la burocrazia, attuare le leggi già esistenti, proporre bandi a misura di piccole e piccolissime imprese, creare strumenti per una vera “fiscalità di vantaggio” e dare nuovamente “dignità di rappresentanza” alle parti datoriali: è necessario ascoltare la voce delle imprese. Ricordiamo, anche come gli artigiani abbiano bisogno del rilancio dell’attività edilizia con l’approvazione della Legge Urbanistica, con l’apertura dei cantieri e la riqualificazione degli edifici esistenti, del contrasto al lavoro nero e all’abusivismo, dell’allentamento della stretta creditizia bancaria, dell’incremento dei finanziamenti alle imprese e dell’avvio della continuità territoriale merci. E’ fondamentale “svecchiare” e innovare un sistema produttivo che, con l’indotto, offre lavoro a quasi 100mila persone, contribuendo al PIL regionale per il 12,60%. In Sardegna, infatti, esistono ormai due mondi artigiani il primo è quello che innova, si confronta e cresce mentre il secondo è quello che rimane ancorato agli schermi pre crisi, che è insufficientemente informatizzato, che ha un mercato domestico e che, inevitabilmente, fatica ad andare avanti. Ormai la differenza tra queste due entità è talmente forte che in pratica viaggiano sue due binari divergenti, parlano lingue che faticano a capirsi e quasi non si relazionano non è solo una questione di età anagrafica ma negli ultimi anni si è sviluppato un nuovo modello di fare impresa e di approcciarsi ai mercati che è necessario condividere il più possibile con tutto il mondo produttivo. La situazione dei mercati e della società, ha accentuato i “mali” storici del sistema imprenditoriale isolano, come la burocrazia, le tasse, la mancanza di mercato interno, il non saper “far rete” e la mancanza di “collegamento” con istituzioni, politica e pubblica amministrazione. Nessuno crede che si possano risolvere i problemi con “bacchetta magica” ma in questa Legislatura la politica regionale dovrà aver come obiettivo quello di ricreare un contesto favorevole alle attività produttive, senza il quale l’inversione di tendenza sarà ardua. E quindi ripartire anche dalla formazione e dal sostegno alle attività produttive. La Sardegna che produce non potrà mai esprimere tutto il suo potenziale se non si allineeranno i percorsi formativi alle esigenze delle aziende e se non si favorirà l’inserimento dei giovani nelle imprese artigiane. Per questo è necessario avviare corsi, teorici e pratici aggiuntivi rispetto a quelli già previsti nei Piani regionali di formazione professionale da realizzare nelle Botteghe Scuola, adottare il Piano regionale di rilevazione dei fabbisogni professionali delle imprese, con tempi certi e brevi per l’erogazione della formazione, anche tramite voucher. Ma il lavoro nelle imprese lo si crea, e lo si conserva, anche con il sostegno economico. Quindi con i contributi e detrazioni per il passaggio generazionale, per gli investimenti e le nuove tecnologie, per la ricerca e l’innovazione oppure per servizi finalizzati allo start up di una esperienza imprenditoriale”.
Poi le richieste di Confartigianato Sardegna all’Assessore all’Artigianato, per la prossima imminente Manovra Finanziaria Regionale 2020, considerata dagli Artigiani una grande opportunità di sviluppo per aziende, addetti e territori. “Abbiamo urgente necessità che siano rimpinguate, rese più snelle e agibili le due Leggi che danno energia economica al settore ovvero la 949 del 1951 e la storica Legge 51 del Legge 51 per l’Artigianato sardo – ha sottolineato Matzutzi – per le oltre 35mila imprese artigiane, che offrono lavoro a oltre 100mila persone e rappresentano il 22% dell’economia della Sardegna, tali risorse rappresentano un essenziale strumento di sviluppo e rafforzamento aziendale, incentivando l’investimento tecnologico, la formazione, creando nuova economia e capacità assunzionale”.
Poi le richieste per il rilancio dell’Edilizia. Su questo argomento Confartigianato ribadisce l’importanza di rifinanziare la Legge che ha messo ha disposizione ben 25 milioni di euro per risanare, manutenere, restaurare e ristrutturare gli immobili privati ad uso residenziale. Come più volte detto, questa zione favorirebbe il lavoro delle piccole imprese locali e rivitalizzerebbe le comunità locali anche attraverso la cura del decoro urbano.
“Abbiamo condiviso con questa Amministrazione regionale la priorità di mettere il tema del settore edile all’ordine del giorno dell’azione di governo e attendiamo con ansia le prime azioni concrete – rimarca Matzutzi – non vogliamo essere classificati come dei cementificatori o come soggetti che non hanno a cuore la tutela del patrimonio ambientale. Auspichiamo, che sul tema dell’urbanistica ci sia una direzione precisa e chiara basandoci sui fatti e non su posizioni ideologiche. Nelle nostre richieste di categoria, partiamo dai risultati concreti che vorremmo ottenere con un nuovo disegno di legge sull’urbanistica:- la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente nei centri urbani e storici dei nostri comuni, anche attraverso incentivi ai proprietari, per spingerli a riqualificare e per combattere i fenomeni di spopolamento; – la possibilità di adeguare le strutture ricettive e di servizi turistici esistenti, facilitando anche gli interventi di demolizione, anche parziale, e ricostruzione per il miglioramento della qualità edilizia e ambientale, il consumo energetico e per adeguarci agli standard che chiede oggi un turismo di fascia alta. Auspichiamo che ci possa essere in questo senso la possibilità di effettuare interventi a particolari condizioni anche nelle zone F, finora viste come un tabù. Stabilire un quadro chiaro nelle norme e nei tempi delle procedure per i nuovi investimenti, dando il giusto ruolo ai comuni nelle scelte di sviluppo dei loro territori attraverso una più facile adozione dei puc, impedendo che i progetti di investimento vengano bloccati per anni”.
Un occhio d’attenzione è stato chiesto anche per il supporto ai processi di passaggio generazionale d’impresa, alle imprese artigiane “green”, alla necessità di nuova Legge di riforma dell’Artigianato, al credito per la valorizzazione dei Consorzi Fidi Artigiani, al coordinamento tra Artigianato, filiera del Turismo e una particolare attenzione anche al mondo dell’agroalimentare artigiano, unito alla valorizzazione dell’artistico, tipico e tradizionale, al ripristino della Vetrina web, sito dell’Assessorato per le produzioni d’eccellenza, alla lotta serrata contro l’abusivismo, e non ultimo la questione dei Trasporti marittimi. Su questo argomento Matzutzi, in conclusione, è stato durissimo: “Ciò che accadrà dal 1° gennaio con l’aumento fino al 25% delle tariffe è semplicemente assurdo e incredibile e avrà immediate e pesantissime ripercussioni sui costi delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti, in entrata e in uscita, andando a gravare anche sul consumatore finale, accentuando l’isolamento economico e geografico con una pesantissima perdita della capacità competitiva delle imprese. Bisogna assolutamente intervenire in qualche modo e trovare una soluzione. Il Governo Nazionale e Regionale hanno questo obbligo”.