L’accordo commerciale tra Unione Europea e Regno Unito è ormai cosa fatta. L’annuncio è atteso nelle prossime ore, dopo che nella notte tra il 23 e il 24 Dicembre si sono conclusi gli ultimi negoziati. L’intesa scongiurerà il temuto «no deal», un divorzio traumatico che si sarebbe concretizzato il 31 dicembre con pesanti ricadute economiche e politiche. Con l’occasione ripercorriamo lo scenario che si delinea dalla prospettiva italiana, al di là di quelli che saranno poi i dettagli in via di definizione tra Londra e Bruxelles.
La pandemia sanitaria e il dibattito sulla Brexit ha generato mutamenti profondi nell’approccio verso il mercato del Regno Unito e le imprese italiane possono approfondire, attraverso una concreta e durevole consulenza personalizzata, le nuove logiche che vanno emergendo, trasformando in opportunità la crisi attuale che la Brexit e la pandemia ha innescato. Il Regno Unito ha affermato di voler confermare e rilanciare lo scambio e il commercio con l’Italia senza voler rinunciare a perseguire richieste commerciali che per le istituzioni del Regno appaiono come fondamentali. I cambiamenti della Brexit, insieme ai nuovi fenomeni economici legati alla pandemia, richiedono una nuova programmazione degli obiettivi commerciali delle imprese italiane.
Essenziale è comprendere l’importanza dei percorsi di accompagnamento nel mercato strategico britannico. Il Regno Unito è caratterizzato anche dalla particolarità e dalla peculiarità di Londra che, per numerosi analisti economici, risulta essere un mercato da analizzare nello specifico con opportunità diversificate e amplificate. Le aziende che già lavorano con il Regno Unito possono vantare una sinergia e una fiducia già acquisita, conservando una quota di mercato importante che sta vivendo nuove metamorfosi. Il Regno Unito rappresenta la sesta economia mondiale e la terza a livello europeo con un PIL nominale pari a quasi a tre miliardi di dollari. A trainare l’economia britannica è soprattutto il settore dei servizi, seguito dall’industria. Negli ultimi tempi si sta assistendo a fenomeni di nuove localizzazioni nel settore manifatturiero con aziende britanniche che ritornano dopo aver intrapreso politiche di delocalizzazione fuori dal Regno.
Il Regno Unito è il sesto importatore nel mondo per valore delle merci ed è caratterizzato da una forte tradizione di apertura del mercato nazionale. Il Paese rappresenta un trampolino di lancio per l’esportazione verso altre nazioni legate al mondo del Commonwealth.
Tra i vari modelli di commercio che il Regno Unito dovrà intraprendere, numerosi analisti guardano con interesse al modello norvegese. In tal caso, la Gran Bretagna abbandona l’Unione europea ed entra a far parte dell’European Economic Area, consentendo al Paese l’accesso al mercato europeo, tranne che per alcune attività finanziare. Tale approccio permetterebbe al Paese di non essere soggetto alla regolamentazione europea in tema di agricoltura, pesca, giustizia e politica estera. Altri analisti guardano al modello svizzero come quello percorribile per le future prospettive del Regno. In tal caso è possibile la negoziazione dei trattati commerciali settore per settore. Inoltre, tra le numerose ipotesi che circolano, anche nelle ultime ore, particolare attenzione è dedicata alla definitiva separazione dalla comunità europea, affidando alla propria appartenenza all’Organizzazione Mondiale del Commercio quale base per le relazioni commerciali. Tra i problemi critici per il commercio con il Regno Unito ritroviamo le novità che vi saranno in rapporto alle politiche commerciali con le dogane. Fino alla fine del 2020, nulla cambia per aziende e cittadini interessate al commercio con il Regno Unito pre Brexit: la normativa e le procedure UE in materia di libera circolazione delle persone, dei servizi, dei capitali e delle merci manterranno la propria vigenza nel Regno Unito. Solo dopo il 31 dicembre 2020, salvo diverso nuovo accordo, il Regno Unito non sarà più parte del territorio doganale e fiscale (IVA e accise) dell’Unione Europea. La circolazione delle merci tra Regno Unito e UE verrà, dunque, considerata commercio con un Paese terzo.
L’export dell’Italia verso il Regno Unito può essere suddiviso in due categorie principali: i beni di lusso, il food, la meccanica strumentale, l’arredamento e i settori innovativi, legati al digitale e alla tecnologia. Il Regno è analiticamente un mercato già maturo con una competizione elevata e la differenza le imprese la possono intraprendere con l’approccio all’internazionalizzazione utilizzato. Il consumatore inglese è estremamente esigente e la ricerca di un importatore nazionale è solo una minima parte del processo. L’azione di comunicazione e promozione è essenziale per la penetrazione nel mercato britannico. Analizzando il mondo del food, importate è ricordare che il Regno Unito importa il 90% del proprio fabbisogno alimentare. I consumatori manifestano un crescente interesse verso i settori salutari, biologici e tracciati ma non bisogna sottovalutare l’importanza commerciale di piatti pronti e prodotti surgelati.
I principali prodotti esportati dall’Italia verso il Regno Unito vedono il protagonismo dei vini confezionati, dei vini spumanti, dei pelati, dei formaggi, della pasta, del riso e dei prosciutti stagionati. Inoltre, un mondo di opportunità vi è anche con la tradizione e il commercio del caffè italiano. Un cambiamento importante nel mondo agroalimentare è avvenuto con i canali di distribuzione. L’e-commerce va crescendo come la ricerca di prodotti italiani di qualità. Nel 2009, la maggior parte dei prodotti del food doveva soddisfare le esigenze della fascia media della popolazione e nel 2019 ritroviamo, invece, il primato di consumatori legati alle fasce basse e a quelle alte della popolazione. Per incidere nel mercato britannico, le attività di degustazione sono importanti e le imprese che hanno dedicato attenzione alla promozione hanno visto crescere il proprio fatturato.
Importante è ribadire che nonostante l’elevato potere di acquisto, la percentuale di reddito disponibile che i britannici detiene per i consumi alimentare non è affatto elevata e il consumatore punta a fidelizzarsi presso catene di distribuzione o prodotti alimentari specifici. Il popolo britannico ha una cultura alimentare profondamente diversa dalla nostra e in tale ambito la comunicazione e la divulgazione è importantissima per far conoscere le peculiarità dei propri prodotti nel Paese.
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