Quando l’acquacoltura abbraccia i criteri della sostenibilità, può contribuire da un lato a risolvere i problemi legati al degrado degli stock ittici e dall’altro ad incrementare il valore della filiera, sostengono numerosi esperti di blue economy. All’interno del contesto europea, l’acquacoltura per un verso fatica a decollare a livello industriale, dall’altra dimostra una forte tendenza all’innovazione, necessaria anche per cercare di superare le obiezioni che ne frenano lo sviluppo, riguardanti fondamentalmente l’impatto ambientale dell’allevamento di pesci in acqua salata o dolce e la loro salute a causa degli spazi ristretti.
L’acquacoltura è la produzione di organismi acquatici, principalmente pesci, crostacei, molluschi e alghe, in ambienti confinati e controllati dall’uomo. Il termine acquacoltura si contrappone generalmente alla pesca, nella quale le attività umane si limitano a prelevare dagli stock naturali i prodotti di cui ha bisogno. La crescente domanda dei mercati e gli imponenti progetti di acquacoltura, che alcuni Paesi del Mediterraneo si accingono a realizzare impongono al nostro Paese l’attuazione di una programmazione mirata alla realizzazione di infrastrutture alleggerendo, per quanto possibile, i necessari processi burocratici, in grado di essere realmente al fianco delle imprese del settore.
Esempio virtuoso da imitare è il Regno di Norvegia. Il boom di produzione e esportazione di prodotti ittici, in particolare del salmone, è dovuto soprattutto alle nuove tecniche di acquacoltura. Grazie alle analisi dell’Ambasciata italiana nel Regno di Norvegia possiamo descrivere la storia e il successo dell’acquacoltura in Norvegia. L’acquacoltura ha iniziato a diffondersi in Norvegia dagli anni ‘70 del secolo scorso, quando ebbe inizio l’allevamento di salmone in gabbie galleggianti. Con l’esperienza accumulata negli anni, e mediante l’utilizzo di nuove tecniche, la Norvegia ha affrontato i problemi iniziali dell’industria dell’acquacoltura, tra cui quello dei residui inquinanti delle coltivazioni e oggi produce prodotti ittici di alta qualità, sostenibili e di basso impatto ambientale, continuando ad effettuare ricerche per la crescita e il futuro sostenibile delle proprie imprese legate al settore. L’importanza del Regno è dovuta al know how del settore, poiché la Norvegia è grado di esportare le sue tecniche di acquacoltura ecosostenibili anche all’estero, offrendo quindi un valido contributo alla salvaguardia del pianeta.
Opportunità di collaborazione e network con le aziende del Mediterraneo e soprattutto con quelle del meridione italiano legate alla pesca da secoli di storia. In Norvegia sono stati sviluppati i sistemi di coltura per l’acquacoltura a contenimento chiuso, i Closed Containment Aquaculture Culture System (CCAS), al fine di allevare salmone senza influenzare l’ambiente circostante e di raccogliere e riciclare i rifiuti. Un sistema di acquacoltura chiuso permette inoltre di ridurre le situazione in cui i pesci riescono a fuggire e di prevenire la formazione di parassiti. Questa tecnologia, però, necessita di ulteriori sviluppi in modo da poter garantire un sufficiente ricambio d’acqua per mantenerne la qualità alta.
In Norvegia sono stati concessi tre permessi per la costruzione di CCAS, permettendo la costruzione di Flexi Farm da parte di Cermaq, la più grande gabbia chiusa per l’allevamento di pesci che utilizza pareti flessibili, Akva Design, con pareti costituite da teloni e alimentata da energia idroelettrica, e infine Egget Marine Harvest, ancora non sviluppata, secondo cui le pareti della gabbia sarebbero solide e non costituite da teloni.
Il settore dell’acquacoltura rimane cruciale per il consumo di specie ittiche, che aumenta sempre di più negli anni e che è difficile da soddisfare solamente con la pesca tradizionale, visto anche l’eccessivo sfruttamento a cui è stata sottoposta con i conseguenti problemi di tenuta ambientale.
Considerazioni che aiutano a comprendere l’importanza della collaborazione tra imprese italiane e norvegesi per l’attuazione di programmi ecosostenibili e di sviluppo sia per le gelide acque del nord Europa che per il bacino del Mediterraneo.