Il nuovo Piano ripresa e resilienza del governo Draghi reca importanti novità per gli interventi speciali per la coesione con un protagonismo importante delle Zone Economiche Speciali (ZES). L’aumento di fondi, unito a una loro rimodulazione, ha permesso di introdurre nel Piano anche le Zone economiche speciali (ZES), fortemente volute dalla ministra per il Sud e la coesione, Mara Carfagna, per rilanciare gli investimenti in varie parti del Paese.
Come ha spiegato Mara Carfagna, “la versione precedente del PNRR non conteneva alcun riferimento alle aree ZES, che io ritengo invece una delle più grandi opportunità di rilancio e sviluppo per il Sud. Per questo, abbiamo lavorato in coerenza con le linee del Piano, introducendo al contempo investimenti e riforme per queste aree”. Grazie quindi a uno stanziamento di 630 milioni di euro, il Piano consentirà di “potenziare le infrastrutture delle aree portuali, retroportuali e connesse” ha proseguito la ministra, “oltre a poco più di un miliardo rivolto a modernizzare più in generale i porti meridionali. Sono risorse che prima non c’erano e adesso ci sono“, ha quindi specificato la titolare del Ministero per il Sud e la coesione.
Obiettivo del governo è quello di agevolare gli investimenti nelle ZES non solo in termini di convenienza, ma anche in facilità e velocità delle procedure burocratiche. Viene stabilita una struttura efficace al commissario e un attivazione del governo per affiancare al personale nelle sedi locali anche un ufficio di coordinamento nazionale. Infine, previsto anche il raddoppiamento nelle aree ZES del credito d’imposta, che passerà da 50 a 100 milioni di euro e sarà allargato anche agli immobili strumentali. La decisione di utilizzare questo strumento normativo attorno ai principali scali portuali meridionali va senz’altro inquadrata nella strategia che ha inteso far leva sull’economia marittima per limitare la posizione di svantaggio con l’Europa del nord ed il grave ritardo infrastrutturale permettendo tra l’altro a quelle regioni di recuperare il divario di competitività, raggiungendo in questo modo gli obiettivi di produttività in grado di favorire la crescita dell’occupazione nelle aree meno sviluppate del Paese.
Un’azione finalizzata a cogliere l’elemento di innovazione delle zone economiche speciali concependo il porto come elemento fondamentale nello sviluppo territoriale. Grazie alle ZES è possibile avviare procedure semplificate, individuate anche a mezzo di protocolli e convenzioni tra le amministrazioni locali e statali interessate, e regimi procedimentali speciali, recanti l’ accelerazione dei termini e degli adempimenti semplificati rispetto alle procedure e ai regimi previsti dalla normativa ordinariamente applicabile. Un misura per agevolare le zone meno sviluppate, ovvero quelle regioni con PIL pro-capite inferiore al 75% della media europea (Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania), o in transizione, quindi con un PIL pro-capite tra il 75% e il 90% della media europea. Scorrendo le pagine del Piano, emerge che gli investimenti infrastrutturali mirano ad assicurare un adeguato sviluppo dei collegamenti delle aree ZES con la rete nazionale dei trasporti, con l’obiettivo di rendere efficace l’attuazione delle stesse ZES.