Andare un giorno in pensione e scoprire che non c’è nessun assegno per il proprio futuro, perché tutti i contributi previdenziali sono stati, nel frattempo, pignorati e prelevati da Equitalia. Una situazione paradossale, uno scherzo, forse un errore di qualche computer: e invece no! Tutto è reale. Succede in Italia, uno Stato dove anche l’illecito più evidente può avvenire alla luce del sole quando a compierlo è il fisco o la pubblica amministrazione.
Equitalia fa spallucce e non intende tornare indietro e ammettere di aver aggirato la legge nel momento in cui ha pignorato tutti i contributi previdenziali versati da un professionista.
Il caso è avvenuto in Sardegna e vittima è un geometra moroso di qualche cartella. Equitalia, così, esegue il pignoramento presso terzi rivolgendosi alla Cassa di previdenza (in qualità di debitore del debitore): le ordina di versarle (entro i consueti 60 giorni dal pignoramento) tutte le somme che, fino ad allora, il professionista ha versato a titolo di contributi per la futura pensione.
Il ragionamento che fa Equitalia è tanto semplice quanto errato: l’ente pensionistico, nel momento in cui riceve gli annuali contributi dal lavoratore, è suo debitore (in quanto, un giorno, dovrà restituirglieli sotto forma di pensione): proprio come lo è il datore di lavoro (debitore degli stipendi) o la banca (debitrice delle somme versate in conto). Insomma, in questo modo Equitalia riesce a pignorare tutte le somme versate per i contributi, al 100%, superando gli attuali limiti di legge [1] che, per quanto riguarda il pignoramento di stipendi o pensioni, prevede che: – per gli emolumenti o pensioni fino a 2.500 euro mensili il tetto pignorabile è pari a 1/10 decimo (ossia 250 euro al mese); – per gli emolumenti o pensioni tra i 2.500 e i 5.000 euro mensili la soglia pignorabile è 1/7; – per gli emolumenti o pensioni superiori a 5.000 euro mensili, il tetto pignorabile è (così come nei pignoramenti effettuati da privati) 1/5.
Equitalia, invece, con il suddetto ragionamento, tenta di superare tali limiti e di pignorare il 100% della pensione. Insomma: tutto e subito! Peraltro all’ente pensionistico (nel caso di specie, la Cassa di previdenza) non è dato obiettare alcunché perché esso è tenuto a obbedire all’intimazione contenuta nell’atto di pignoramento e a versare a Equitalia le somme pignorate, fino a concorrenza del credito per cui si procede. A nulla servono le istanze del contribuente e i ricorsi in autotutela, credendo che ci sia stato un errore.
Macché: “Se vuoi, facci causa” è questa la sostanza della risposta data da Equitalia al povero contribuente che, pertanto, sarà costretto a munirsi di un avvocato e a tentare di convincere un giudice che quanto fatto da Equitalia è illegittimo! Equitalia ha fatto con la Cassa di Previdenza quello che fa di norma con le banche: pignorare e farsi accreditare il 100% delle somme depositate dal contribuente, a prescindere dalla natura delle stesse (se, cioè, derivanti solo da crediti pensionistici o di lavoro dipendente).
Un disallineamento della normativa che aveva portato ad adottare, nel cosiddetto “Decreto del Fare” [2], la norma in base alla quale, in presenza di somme dovute a titolo di stipendi o altre indennità relative al rapporto di lavoro (pensione inclusa), accreditate sul c/c intestato al debitore, non è pignorabile l’ultimo emolumento affluito su tale conto (che resta, pertanto, nella piena disponibilità del correntista).
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Fonte http://www.laleggepertutti.it