Sembra ormai cosa nota che l’export rappresenti un fattore determinante per la competitività delle Piccole e Medie Imprese: eppure nella realtà questa idea non trova applicazione facile e immediata.
Secondo i più recenti rapporti statistici, anche negli ultimi anni la stragrande maggioranza delle imprese italiane ha scelto di operare solo nel mercato locale: nel 2017, ad esempio, le aziende che hanno deciso di esportare rappresentano poco più del 4% sul totale.
Il principale motivo è che spesso gli stessi imprenditori tendono a pensare che una vera e propria attività di export sia alla portata soltanto di imprese di grande dimensione, soprattutto se gli investimenti per l’internazionalizzazione sono rivolti a mercati extra-europei.
La realtà è invece un’altra: prendendo la ridotta fetta di aziende che hanno scelto di esportare, quasi il 60% di queste imprese italiane contano meno di 10 dipendenti. E la percentuale supera l’80% se si considerano anche le imprese fino a 50 dipendenti.
Le nostre imprese esportatrici che operano in un solo mercato corrispondono a circa il 42%. Se invece si considerano quelle che esportano in due mercati si va oltre il 50%. Tuttavia, nonostante l’elevata percentuale, il loro peso sull’export totale è di poco superiore al 3%
Esiste, comunque, una parte di imprenditoria che ha capito la lezione per salvarsi, se non addirittura per spiccare il volo, senza doversi aggrappare ai numeri spesso incerti e insoddisfacenti del mercato interno. E questi imprenditori devono essere un modello di riferimento anche per i loro colleghi: i quali per organizzarsi, anche da zero, e affacciarsi sui mercati internazionali possono contare su forme di sostegno sostanziale.
Ricercare opportunità in diversi mercati aiuta soprattutto a mitigare i rischi. Le grandi sfide per le imprese italiane di piccola e media dimensione sono principalmente due:
- affacciarsi con costanza sui mercati internazionali
- diversificare le mete secondo le proprie possibilità.