Il coronavirus ha generato una crisi economica distruttiva per le giovani generazioni e per i liberi professionisti. La crisi ha già lasciato a casa e senza prospettive numerosissimi giovani lavoratori e neo-lavoratori e i 600 euro del governo, richiesti da 454.000 persone, non sono altro che un tampone momentaneo all’emergenza occupazionale. Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni ha partecipato con un quadro allarmante ai lavori sugli stati generali dell’economia nella giornata dedicata ai liberi professionisti. Oltre a Confprofessioni, hanno preso parte all’incontro, tra gli altri, le rappresentanze degli ordini professionali (Cup e Rpt) e quelle delle professioni associative (Assoprofessioni, Colap e Confassociazioni). «In un contesto economico gravemente compromesso dalla crisi innescata dall’emergenza coronavirus, oltre 500 mila lavoratori indipendenti saranno espulsi dal mercato e saranno proprio i più giovani a subire le conseguenze più dolorose di una crisi che nei primi due mesi di pandemia ne ha già lasciati sul campo circa 190 mila», le parole di Gaetano Stella.
Le 454 mila domande di professionisti per accedere all’indennità di 600 euro introdotta dal decreto Cura Italia sono solo un palliativo, che rappresenta la punta dell’iceberg di una crisi spaventosa che trova ulteriori conferme nella sospensione delle attività professionali, con oltre il 50% di lavoratori autonomi bloccati dal lockdown. In questa drammatica situazione le misure finora messe in campo dal governo hanno semplicemente tamponato le prime emergenze. La realtà delle partite Iva spesso è fatta di persone che vivono alla giornata, tentando di restare a galla. Ed è in questo scenario che la crisi rischia di essere letale per la sopravvivenza di molte attività. Coloro che praticano libere professioni, freelance e titolari di partita IVA, se la passano peggio di tutti, secondo quanto rilevato da Federcontribuenti: nell’arco di appena 3 anni il loro numero si è ridotto del 40% circa, passando da oltre 8,5 milioni a poco più di 5 milioni. Diversi i fattori che hanno inciso su un calo tanto repentino quanto preoccupante: la situazione economica stagnante; la forte concorrenza interna; i controlli dello Stato e gli adempimenti burocratici necessari al “mantenimento in vita” dell’attività produttiva.
Attualmente, a tali problematiche si aggiunge la crisi economica avutasi con la diffusione internazionale della pandemia del coronavirus. “Occorre garantire nuove prospettive“, conclude il presidente di Confprofessioni, «per un intero settore economico che lavora al fianco delle imprese e dei cittadini». Ai lavori degli stati generali dedicati all’economia hanno partecipato anche gli ordini professionali, rappresentati dalle sigle Cup (Comitato unitario delle professioni), e Rpt (Rete delle professioni tecniche). Come hanno riportato tali sigle associative, tra le numerose insidie che ai lavoratori tocca fronteggiare, la più allarmante resta il reddito medio in picchiata, che negli ultimi dieci anni è calato di 7mila euro: i numeri di Confcommercio professioni parlano chiaro, dal 2008 al 2018 i liberi professionisti hanno perso il 25% dei guadagni annui. Le associazioni di categoria hanno presentato al governo il «Manifesto delle professioni», un documento contenente dieci proposte. Intanto, la crisi ha già lasciato sul campo circa 190.000 giovani lavoratori e i 600 euro del governo, richiesti da 454.000 persone, non son che poco più di un sedativo momentaneo. Il prossimo autunno si preannuncia davvero preoccupante per il lavoro e per le libere professioni.