Con 37 voti contrari e 18 favorevoli, il Parlamento dell’isola di Cipro ha detto “No” al trattato di libero scambio fra UE e Canada. Tutti i partiti, ad eccezione della destra, hanno votato contro il CETA: alla base di questa scelta un intento condivisibile come la tutela di un prodotto di eccellenza locale qual è il formaggio hallouimi, ma che ha visto nel “No” all’accordo di libero scambio una strada sbagliata, che produrrà le conseguenze esattamente opposte.
Secondo i dati recuperati da Imprese del Sud, nel piccolo contesto economico di Cipro sono 40 le attuali aziende che commerciano con il Canada: il valore delle esportazioni cipriote in Canada è di ben 41 milioni di euro e 12 milioni di euro è il valore delle importazioni di Cipro dal Canada. Una bilancia commerciale molto favorevole per Cipro che senza il CETA potrebbe rischiare di saltare.
“Cipro non ha ratificato l’accordo basandosi sulle fake news” tuona Sergio Passariello, fondatore di Imprese del Sud, che aggiunge: “È Paradossale che le forze politiche che in Europa hanno approvato il CETA oggi lo respingono basandosi sulla stessa propaganda che serpeggia in Italia. Il CETA non è solo agroalimentare, e voglio dire agli amici imprenditori ciprioti che senza il CETA il loro formaggio halloumi non sarà protetto. Senza il CETA i canadesi potranno produrre quel formaggio utilizzando nel packaging anche i simboli e le bandiere cipriote”.
Imprese del Sud invita ora le forze cipriote che hanno ben inteso le opportunità del CETA e l’intera Europa a mobilitarsi per salvare l’accordo commerciale sottoscritto con il Canada. Un accordo, approvato nel 2017, che ha già prodotto grandi risultati in termini di esportazioni per i paesi europei, rafforzando gli interessi dei produttori. Un accordo che, va ribadito con forza, non coinvolge solo il settore agroalimentare ma un’ampia gamma di interessi: gli appalti pubblici, la tutela di marchi e brevetti, le libere professioni, solo per fare alcuni esempi.
Secondo Imprese del Sud, se le fake news nel settore agricolo dovessero prevalere e far saltare l’intero trattato, sarebbe allora opportuno considerare la possibilità di escludere dall’accordo la parte riferita al settore agroalimentare, o per lo meno gli aspetti di essa considerati maggiormente critici dagli oppositori del CETA.
“Soprattutto in un periodo complicato come questo, dove le aziende hanno fame di rilancio – insiste Passariello – non possiamo permetterci di far saltare un accordo di libero scambio così approfondito e articolato per l’ostracismo diffuso da una parte di operatori di un solo comparto economico. Spiace per i tanti agricoltori che hanno compreso i vantaggi del CETA, ma se non riescono a incidere sui loro colleghi e sulla politica dei pregiudizi, tanto vale valutare la sospensione dell’accordo nella parte relativa all’agroalimentare e salvaguardare tutte le opportunità create per il manifatturiero e numerosi altri settori che vantano eccellenze del Made in Italy da valorizzare nel Nord America e in tutto il mondo”.