Un’azienda italiana non può applicare l’agevolazione fiscale sugli impatriati ai redditi erogati al dipendente straniero assunto in Italia che per la maggior parte del 2020 ha svolto l’attività lavorativa in smart working nel suo Paese.
Tali redditi, infatti, non si possono considerare prodotti nel territorio dello Stato. Di conseguenza, per il periodo di imposta 2020, l’attività lavorativa non è stata svolta prevalentemente in Italia come prevede la normativa. È uno dei chiarimenti forniti dall’Agenzia con la risposta n. 621 del 23 settembre 2021.
Se il fisco italiano, come abbiamo ripercorso in un recente articolo, aveva dato l’ok al regime agevolato per i cittadini italiani iscritti all’Aire di ritorno in Italia che continuano a lavorare in smart working per una società del Paese in cui sono stati residenti, lo stesso non vale in direzione opposta, ossia per il lavoratore che, sempre a distanza, ha lavorato per un’azienda italiana dal suo Paese di origine.
La discriminante è infatti il luogo dove il reddito è prodotto, ossia l’Italia, e vale per i soli italiani che si sono trasferiti per un periodo all’estero, salvo poi decidere di rientrare nel loro Paese sfruttando l’opportunità di continuare il loro precedente lavoro in smart working.
In particolare, per fruire dei benefici è necessario che il soggetto si trasferisca in Italia, non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni, svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Destinatari della misura di favore sono anche i cittadini Ue o di uno Stato extra-Ue, con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che si sono trasferiti in Italia, che siano in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o che abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.