Anche le società tra professionisti (Stp) rientrano tra i destinatari del contributo a fondo perduto per le imprese legato all’emergenza coronavirus e inserito del Decreto Rilancio. E questo nonostante le stesse società abbiano soci appartenenti alle categorie escluse.
L’estensione del contributo alle Stp – con riferimento alla circolare 15/E dell’Agenzia delle Entrate – è riconducibile al fatto che il reddito prodotto dalle dette società si qualifica come reddito d’impresa, a prescindere dal fatto, quindi, che i soci ricadano o meno nelle ipotesi specifiche di esclusione, di cui al citato comma 2.
Nella prima parte dedicata all’ambito soggettivo, l’Agenzia conferma, tra i beneficiari, i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione e titolari di reddito agrario, in possesso della partita Iva, ricordando le specifiche esclusioni, di cui al comma 2 dell’art. 25, come i professionisti iscritti a cassa, dipendenti e quant’altro.
Il comma 2 dell’art. 25 del decreto esclude invece espressamente, dalla fruizione del contributo, anche i lavoratori dipendenti. Ma apre alle persone fisiche che esercitano attività di impresa o di lavoro autonomo o che sono titolari di reddito agrario (produttori agricoli) che contestualmente operano anche in qualità di lavoratori dipendenti; il produttore agricolo, per esempio, che lavora parzialmente in altra impresa come dipendente può ottenere il contributo per effetto del possesso della partita Iva e dell’esercizio delle attività agricole, di cui all’art. 2135 c.c..
In merito agli altri principali requisiti, il contributo spetta anche ai soggetti che hanno iniziato la propria attività l’1/01/2019 e che hanno il domicilio fiscale o la propria sede nei territori colpiti da eventi calamitosi, che hanno comportato la dichiarazione dello stato d’emergenza da coronavirus, che non dovranno dimostrare il calo del fatturato, giacché il contributo, anche se l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi 2019 risulta pari a zero, spetta nella misura minima di mille o duemila euro.