Pubblicato il nuovo rapporto Svimez. Un rapporto che evidenzia preoccupazioni e problematiche causate dalla pandemia sanitaria. Ogni mese di lockdown è “costato” quasi 48 miliardi di euro, il 3,1% del Pil italiano, oltre 37 dei quali “persi” al Centro-Nord (3,2% del pil) e quasi 10 nel mezzogiorno (2,8% del Pil). Sono le analisi che emergono dai dati del nuovo rapporto Svimez 2020, dove si evidenzia come la prima ondata della pandemia abbia avuto per epicentro il Nord, ma la crisi economica si sia però presto estesa al Mezzogiorno, dove si è tradotta in emergenza sociale incrociando un tessuto produttivo più debole, un mondo del lavoro più frammentario e una società più fragile.
Un Sud Italia già fragile sul fronte del tessuto imprenditoriale, dell’occupazione, delle prospettive per i giovani e con un forte divario nell’accesso ai servizi fondamentali, ma che può contribuire all’uscita dalla crisi della pandemia sanitaria coordinando legge di Bilancio, Recovery Plan e Politica di Coesione. Le previsioni Svimez per il 2020 segnano -9% per il Mezzogiorno, -9,8% per il Centro-Nord e -9,6% per il paese. Il Sud subisce inoltre un impatto più forte in termini di occupazione: nei primi tre trimestri 2020 la riduzione è pari al 4,5% (il triplo rispetto al Centro-Nord), con una perdita di circa 280mila posti di lavoro nel meridione. Rispetto al 2007, la Svimez sottolinea come il Sud abbia perso oltre mezzo milione di posti di lavoro. Questo momento di straordinaria incertezza potrebbe rivelarsi, però, secondo l’analisi presentata il 24 novembre alla presenza del premier Giuseppe Conte, anche “il mezzo di una potenziale importante svolta della politica nazionale”, cioè fare della riduzione dei divari territoriali il tratto d’unione della strategia di rilancio degli investimenti pubblici e privati che l’Italia si appresta a realizzare con le risorse del Recovery Fund, della Politica di coesione nazionale ed europea e della politica ordinaria del Governo, a cominciare dalla legge di Bilancio 2021.
Per il Sud si tratta di un dato al di sotto del suo picco minimo del 2014 e inferiore di 18 punti percentuali rispetto al 2007, ha spiegato il direttore di Svimez Luca Bianchi, accompagnato tra l’altro da un pesante impatto in termini di occupazione: -4,5% nei primi tre trimestri 2020, il triplo rispetto al Centro-Nord, con circa 280mila posti di lavoro persi. Una tendenza che accompagnata con le fragilità strutturali del mercato del lavoro meridionale conduce a stimare una platea di soggetti esclusi sia dal lavoro che dalle tutele che può raggiungere le due milioni di unità e che solo in parte rientra nel Reddito di Cittadinanza. A pagare lo scotto della crisi sono soprattutto donne e giovani: l’occupazione femminile al Sud, che era già ai minimi europei si è ridotta nei primi sei mesi del 2020 di quasi mezzo milione di unità. Cifre analoghe per l’occupazione giovanile, mentre cresce l’incidenza di coloro che non studiano e non lavorano.
Per il 2021 il rapporto Svimez prevede una ripartenza differenziata su base regionale, con le Regioni maggiormente colpite dalla prima ondata più rapide a recuperare le perdite subite – +5,8% in Emilia Romagna, +5,3% in Lombardia, +5,0% in Veneto, mentre al Sud la Basilicata (+2,4%), l’Abruzzo e la Puglia (+1,7%), seguite dalla Campania (+1,6%), risultano più reattive di Sicilia (+0,7%), Calabria (+0,6%), Sardegna (+0,5%) e Molise (+0,3%). In assenza di interventi strutturali sul fronte degli investimenti, a cominciare dai problemi della dipendenza dalla domanda interna e della scarsa propensione all’export, c’è il rischio di ripetere gli errori del 2009 e di non agganciare le dinamiche di uscita dalla crisi.
Infine, Svimez segnala il gap di servizi e infrastrutture che caratterizza il Mezzogiorno e che lo ha reso più fragile nel contesto della pandemia rispetto al contesto nazionale. Quello in materia di trasporti, scuola e sanità – sostengono i curatori del rapporto – è un “divario di diritti fondamentali di cittadinanza: in termini di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura“.