L’OCSE ha proposto una revisione globale della tassazione per le imprese che operano nel web.
Il piano prevede che gruppi digitali come Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google paghino nel Paese in cui operano, anziché spostare i profitti in tutto il mondo per ridurre al minimo le uscite fiscali.
Ma c’è anche un rischio: se ogni Stato decidesse di applicare la propria web tax, infatti, le aziende potrebbero scaricare questo ulteriore balzello sui consumatori, con effetti negativi anche per la loro competitività.
Gli stati membri dell’UE sono ora divisi tra coloro che hanno lavorato per attirare colossi del web, come l’Irlanda, e quelli che hanno visto le multinazionali guadagnare miliardi senza pagare le tasse, come l’Italia.
In base ai nuovi piani dell’OCSE, le imprese dovrebbero pagare le tasse ovunque svolgano attività significative rivolte ai consumatori generando profitti.
Le nuove norme riuniscono elementi comuni di tre diverse proposte provenienti da 134 paesi, membri del quadro inclusivo OCSE / G20 sullo spostamento dei profitti (BEPS).
“Il mancato raggiungimento di un accordo entro il 2020 aumenterebbe notevolmente il rischio che i paesi agiscano unilateralmente, con conseguenze negative su un’economia globale già fragile“, ha dichiarato il segretario generale dell’OCSE, Angel Gurría.
“L’attuale sistema è sotto stress e non sopravviverà se non eliminiamo le tensioni“, ha aggiunto Pascal Saint-Amans, responsabile della politica fiscale dell’OCSE.
L’Italia attuerà una “tassa sul web” a partire dal 2020, quando le grandi società digitali dovranno versare il 3% per una serie di transzioni che avvengono via internet: lo ha confermato il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, parlando della manovra finanziaria.
“I profitti devono essere tassati nel luogo in cui vengono realizzati“, ha dichiarato Gualtieri nel corso di un’audizione parlamentare.
La tassa sul web italiana è simile a quella francese e britannica. Si applicherà alle società con ricavi annui per almeno 750 milioni di euro e servizi digitali superiori a 5,5 milioni di euro. Secondo le previsioni del Tesoro, l’imposta sul web produrrebbe 600 milioni di euro dal 2020.
Anche il Commissario designato per gli Affari Economici dell’UE, Paolo Gentiloni, ha dichiarato che intende supervisionare gli sforzi per armonizzare le tasse sui servizi digitali, in linea con le proposte dell’OCSE.
Tra i principali beneficiari delle riforme vi sono i grandi mercati digitali come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito.
Nei negoziati internazionali si sta esaminando anche la possibilità di introdurre un limite minimo di imposta sugli utili delle società multinazionali: misura che colpirebbe Stati a tassazione agevolata come Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi.